SERGIO MARCHIONNE, PIACCIA O NO, E’ UNO DEI GIGANTI DI QUESTO INIZIO MILLENNIO
Spoiler 1: questo post è molto, molto lungo.Spoiler 2: al 99%, di qualsiasi “fazione” siate, vi farà incazzare.Spoiler 3: sì, non sono laureato in Economia.Seguo ciò che succede nel mio paese, però, con attenzione. Dunque.Sergio Marchionne, piaccia o no, è uno dei giganti di questo inizio millennio. E pure nelle sue ultime ore ci sta insegnando tanto di noi. Pure troppo. Ecco 7 cose che ho notato: 1. Sergio Marchionne è stato.Ne stanno parlando tutti al passato. Per quanto ne sappiamo è nel pieno di una lotta tra la vita e la morte per un decorso post-operatorio pieno di complicazioni. Ma il suo elettrocardiogramma, pare, sia ancora attivo (nonostante il bollettino medico, solo per giustificare la successione, lo emetta solo FCA). Eppure giornali, ex presidenti del consiglio, colleghi, amici, sodali lo danno già per morto. E forse hanno ragione: perché il turbocapitalismo di cui è stato fiero alfiere proprio Marchionne ha una regola semplice, feroce e implacabile: se non sei produttivo, sei morto. Se non puoi comandare, (far) guadagnare, esercitare il potere privato e pubblico, allora scompari. Questo è il nostro mondo, oggi. Questa è l’Italia.2. Informazione.C’è qualcosa di sinistramente sovietico nella gestione delle informazioni mediche del numero 1 dell’automobile in Italia. Nell’era dell’ipercomunicazione, non trapela nulla su uno degli uomini più importanti dell’economia italiana, europea e mondiale. Come accade solo ai papi o appunto agli zar o dittatori sovietici. Stalin fu dichiarato morto solo tre giorni dopo il suo effettivo decesso (e Kruscev lo raccontò solo 10 anni dopo). E’ curioso e forse non casuale che l’unico altro su cui questa segretezza si è poggiata (ed è stata efficace) è stato Gianroberto Casaleggio. Entrambi capi assoluti di eserciti, monarchi di stati nello stato.3. I social.Alla pioggia di condoglianze, coccodrilli e “insegna agli angeli a costruire multinazionali senza tirar fuori nuovi prodotti dalla Fiat per anni”, si sono inseriti quelli che godono. Godono della (quasi) morte del padrone dei padroni, dopo averlo blandito o al massimo sopportato da vivo e vegeto. A chi vede in Marchionne il demonio (e prima lo ha visto in Berlusconi e magari ora in Grillo e Di Maio), va detto che il problema non è lui. Ma loro, noi. Non è in questione il talento, la visione, la competenza di quest’uomo. Sono inequivocabili ed evidenti. Il problema è uno Stato che gli è stato suddito, una politica che lo ha corteggiato e blandito oltremodo, un mondo sindacale incapace di contrastarlo, un capitalismo italiano affetto da nanismo incapace di stimolarlo e di attaccare i propri vagoni alla sua locomotiva. Insomma, non è Marchionne il cattivo, ma chi non ha mai saputo essere alla sua altezza, non ha saputo arginarlo quando necessario e giusto. Ci era già successo con Enrico Mattei.4. Fake news.Tra le tante fake news di questi giorni c’è quella dell’”americanizzazione” di Fiat. Prima di Marchionne l’avevano venduta a General Motors. Che paga la penale più alta della storia del mercato automobilistico per NON comprarla. Era praticamente fallita la Fiat, con lui è arrivata a comprarsi la Chrysler, quasi morta anche lei. Ora il titolo vale 10 volte di più in borsa e da -1,5 miliardi di debiti si è passati a +3,5 di attivo. Facendo costruire le Jeep Renegade a Melfi. Lui ha fatto quello che doveva fare, altri no, consentendogli troppo, in alcuni frangenti. Ma senza di lui, probabilmente, non parleremmo di tagli occupazionali, ma di uno tsunami occupazionale.5. L’incapacità di analisi.Viene visto, da alcuni, come il peggior esempio del capitalismo che ha ucciso negli ultimi 10 anni questo pianeta. E’ stato, pardon è, l’unico capo di una grandissima azienda ad aver rinnegato il capitalismo finanziario in favore di quello produttivo e industriale. L’ha detto prima di lui solo Claude Bébéar, quello del saggio Uccideranno il capitalismo, ai vertici di Axa per anni. Non a caso entrambi figli di una classe non legata all’alta borghesia e self made men. Perché Marchionne le sue tre lauree e la sua carriera le ha costruite partendo da una casa in cui lo stipendio che entrava era quello del papà carabiniere.6. Il cinismo inevitabile.La successione è stata gestita con la tipica disinvoltura di casa Agnelli. Come alla Juventus accantonano le loro bandiere. Accompagnare l’agonia di quest’uomo senza sostituirlo (subito) almeno sulla carta, sarebbe stato il minimo segno di rispetto verso chi ha salvato una famiglia che aveva devastato, con le sue scelte, la più grande azienda italiana. Ma se andate a guardare come hanno gestito i rapporti familiari-ereditari gli Agnelli-Elkann, capirete che uno come Sergio, peraltro fastidiosamente arrivato non dai loro salotti, non poteva subire un trattamento migliore.7. Il Marchionne peggiore.Nessuno, infine, nemmeno dei nemici, sottolinea che ha vinto tante sfide, ma non quella della crisi economica. Di cui non è stato causa, ovviamente, ma a cui ha reagito con la stessa scorciatoia che si vantava di usare quando si vergognava dell’incontinenza verbale di Berlusconi, ovvero usando il passaporto canadese. Oppure con il dribbling fiscale e la residenza svizzera. Il paese aveva bisogno di una visione nel momento della difficoltà, lui ha fatto catenaccio. Lascia comunque un impero in salute, cosa che non può dire nessuno dei suoi (pochi) pari grado. Se non il solito Enrico Mattei. Certo, poteva essere Adriano Olivetti, ma anche al sottoscritto sarebbe piaciuto essere Paul Newman.
