5 OTTOBRE, GIORNATA MONDIALE DELL’INSEGNANTE: UN’OCCASIONE PER FARE E LOTTARE

5 OTTOBRE, GIORNATA MONDIALE DELL’INSEGNANTE: UN’OCCASIONE PER FARE E LOTTARE

‘Young teachers: the future of the profession’, ovvero gli insegnanti rappresentano il futuro di questa professione.Verità incontrovertibile.E’ questo il tema centrale dell’edizione 2019. Ventiquattro ore per riflettere sull’insegnamento, la professione più bella e nobile che ci sia. Sulle sfide quotidiane e sulle difficoltà, le tante ancora che per diverse ragioni non si vogliono abbattere. Troppo spesso gli insegnanti sono lasciati soli, ingabbiati nelle strettoie burocratiche/amministrative che rubano spazi e tempi alle discipline che sono chiamati a condividere coi loro studenti.In aule spesso fatiscenti e a rischio crolli, con carenza di attrezzature e materiali didattici. Con retribuzioni da terzo mondo e, in barba al futuro che rappresentano, obbligati a stare in cattedra oltre ogni limite. I più vecchi d’Europa, quelli italiani. E i meno remunerati.Maglia nera da anni il nostro Paese, a ricordarcelo, qualora ce ne fosse bisogno gli istituti di statistica nei loro report annuali. Ma sempre prima la scuola, insieme alla sanità, nella hit per le sforbiciate previste dalle revisioni di spesa del bilancio pubblico.Scuola e investimenti. Un ossimoro.L’incubo di ogni governo. Che promette ma poi non mantiene. Perché la scuola, e tanto meno il benessere degli insegnanti, non è mai la priorità. Se non a parole, e in campagna elettorale. C’è carenza di insegnanti. In Italia e nel mondo. Soprattutto nelle zone periferiche, in quelle disagiate e nelle aree rurali o remote. E nelle zone di guerra.Secondo le Nazioni Unite sarebbe necessario reperire 69 milioni di nuovi insegnanti entro il 2030per ‘colmare il bisogno di educatori e garantire a tutti l’accesso alla conoscenza, uno dei diritti fondamentali dell’uomo’. Nel mondo, stima l’Onu sono oltre 264 milioni i bambini e i ragazzi non scolarizzati, soprattutto in Africa. E’ emergenza. Già da adesso. E lo sarà sempre più, se non si corre a ripari. Ventiquattro ore per riflettere.Ma soprattutto per fare.