ARGENTINA: POVERTÀ AL 32 PER CENTO, DICHIARATA L’EMERGENZA ALIMENTARE

DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE A BUENOS AIRES Dopo giorni di braccio di ferro, proteste e strade interrotte (la 9 de Julio, e chi ha dimestichezza con Buenos Aires sa cosa vuol dire interrompere l’arteria principale della città), il Senato della República Argentina ha votato all’unanimità una legge che estende fino al 2022 l’emergenza alimentare, proclamata per la prima volta nel 2002, poco dopo il default. Il provvedimento, già passato alla Camera la settimana scorsa, comporta un aumento del 50 per cento degli aiuti statali aicomedorscolastici e comunitari: mense gestite da volontari, associazioni e parrocchie che offrono pasti caldi a bambini e adulti in stato di indigenza.Se per certi giornalisti italiani la fame è un problema sorto degli ultimi mesi, dovuto solo al deprezzamento del peso, chi vive qui può spiegare che non è così. Che il problema è il risultato del “cambio” promesso e attuato dal presidente uscente Maurizio Macri, all’indomani della sua elezione: liberalizzazione all’acquisto di dollari in barba a qualsiasi regola di buon senso, oltre che di antiriclaggio, licenziamenti in massa di lavoratori dello Stato, liberalizzazione delle tariffe di luce, acqua, gas e trasporto pubblico, tagli al budget per l’istruzione, tagli alle pensioni di vecchiaia e invalidità. È tutto questo, cari colleghi, che si riflette sui prezzi degli alimenti. L’emergenza alimentare non è il risultato di qualche errore di valutazione. Al contrario, è il successo totale delle politiche di 4 anni di macrismo.L’unico indice economico in aumento è quello della povertà, schizzato al 32 per cento su base nazionale, con un picco del 36,8 per cento nella provincia povera di Corrientes. Tanto per avere il quadro delle disparità presenti nel paese, la provincia più ricca – Ushuaia, nel Sud – arriva al 10,4 per cento, la città di Buenos Aires all’11,2, ma ilconurbano(l’hinterland della capitale) sfiora il 32 per cento. L’aspetto più grave riguarda la situazione dell’infanzia: il 40 per cento dei bambini e degli adolescenti si trovano in una situazione addirittura di indigenza.In questo contesto – ancora più amaro se pensiamo che il presidente Mauricio Macri aveva promesso “povertà zero” in campagna elettorale, nel 2015 – hanno riaperto, come dopo il default, le mense popolari nei quartieri poveri: parrocchie, organizzazioni politiche, associazioni umanitarie o semplicemente gruppi di mamme fanno quel che possono per garantire ad adulti e bambini in difficoltà almeno un pasto caldo e nutriente al giorno.Secondo dati dell’Universidad Católica, già a inizio anno l’insicurezza alimentare riguardava il 36 per cento dei bambini delconurbano, con conseguenze potenzialmente molto gravi per lo sviluppo psicofisico.Il prossimo governo, probabilmente guidato da Alberto Fernández e da Cristina Kirchner come vicepresidente, dovrà affrontare una situazione di straordinaria complessità, con il Fmi che non sgancerà un dollaro senza garanzie che il paese righerà dritto; privatizzerà tutto il privatizzabile; abolirà la contrattazione collettiva e ci terrà a lavorare (da precari) fino a 70 anni; gli altri creditori in fila a battere cassa; il prezzo del petrolio alle stelle per il cambio del dollaro (attorno ai 60 pesos) e le restrizioni alla produzione dopo l’attentato in Arabia Saudita; il sistema industriale da ricostruire e i consumi in caduta libera.Eppure, ai giornali italiani interessa solo cinguettare che il povero Macri “ci ha provato” (a fare che, di grazia?), stracciarsi le vesti sul ritorno di Cristina e del populismo, annunciare sciagure (peggio di così?).Eppure, una speranza c’è: visto che con il nuovo governo – in Italia – il populismo non è più una minaccia, forse si innamoreranno di una nuova parola e ci lasceranno votare in pace.