ECUADOR: GOVERNO TRASFERITO PER MOTIVI DI SICUREZZA. LA CRISI SI ALLARGA AL VENEZUELA

ECUADOR: GOVERNO TRASFERITO PER MOTIVI DI SICUREZZA. LA CRISI SI ALLARGA AL VENEZUELA

Nessuna soluzione in vista per la crisi dell’Ecuador, con il governo trasferito temporaneamente per motivi di sicurezza a Guayaquil, città in pianura e più facile da controllare della capitale Quito. Decisione presa dopo che un gruppo manifestanti appartenenti a organizzazioni indigene sono riusciti a penetrare nel Parlamento, al grido di “Fuori Moreno!” Decretato anche il coprifuoco, tutti i giorni dalle 20 alle 5, nelle zone vicine a edifici sedi di poteri dello stato. Il bilancio degli scontri è di un morto, 73 feriti e oltre 570 arrestati, mentre il prezzo dei carburanti – che ha innescato la rivolta – è aumentato del 120 per cento dopo l’eliminazione dei sussidi chiesta dal Fondo monetario internazionale come contropartita a un prestito di 4.209 milioni di dollari. I sindacati hanno manifestato anche contro le riforme fiscali e del mercato del lavoro pretese dal Fmi “per rivitalizzare l’occupazione”. Ossia, per precarizzare i lavoratori (www.alganews.it/2019/10/06/ecuador-proclamato-lo-stato-deccezione-per-la-rivolta-dei-carburanti/).La crisi minaccia di agglutinarsi intorno al punto più nevralgico della politica sudamericana: il Venezuela. Il presidente dell’Ecuador Lenín Moreno ha accusato il presidente venezuelano Nicolás Maduro di voler destabilizzare il paese in combutta con l’ex presidente (di cui Moreno è stato il vice) Rafael Correa. L’autoproclamato presidente del Venezuela Juan Guaidó, oppositore di Maduro, ha addirittura dichiarato che Correa si troverebbe a Caracas per organizzare un colpo di stato, affermazione ironicamente smentita dall’interessato che ha pubblicato una foto che lo ritrae a Bruxelles, dove vive per sfuggire al mandato di cattura emesso nei suoi confronti.Correa ha poi contrattaccato, affermando che Moreno tenta di scaricare su di lui la responsabilità dei fallimenti della propria azione di governo.La crisi ecuadoriana, insomma, da circoscritto problema interno, rischia di allargarsi a macchia d’olio a tutta la regione, a pochi giorni dalle elezioni presidenziali in Bolivia e Argentina. All’interno della Oea (Organización de los Estados Americanos) sette paesi (Argentina, Brasile, Colombia, El Salvador, Guatemala, Perù e Paraguay) hanno espresso appoggio a Moreno contro il “tentativo di destabilizzazione” capeggiato – a loro dire – da Maduro.In realtà dietro la protesta c’è la Conaie (Confederación nacional de entidades indígenas), confederazione che riunisce le varie organizzazioni di nativi, movimento molto potente – abbastanza da sollevare una protesta in grado di paralizzare la capitale – dato che il 50 per cento della popolazione ecuadoriana ha radici indigene. Non c’è presidente che, negli ultimi 25 anni, non abbia dovuto gestire la protesta e le rivendicazioni della Conaie, compreso lo stesso Correa, che pure era stato appoggiato nelle elezioni del 2006. Ma il movimento dei popoli nativi si era successivamente allontanato dal presidente, a causa dell’impulso dato alle estrazioni petrolifere e minerarie. Politiche economiche considerate dalla Conaie un’usurpazione di terre e un attacco all’ambiente.