ELEZIONI TUNISIA. SARA’ BALLOTTAGGIO: GIUDICE, FORCAIOLO E OMOFOBO, CONTRO CARCERATO, IMPRENDITORE BERLUSCONIANO

Definitivo a Tunisi. Elezioni a partecipazione ultra ridotta, 45%. Elettori sfiduciati e delusi. Candidati ufficiali trombati oltre ogni previsione. Gli uomini nuovi indipendenti e antipartito rappresentano come sotto una lente deformante le due anime politiche che si sono agitate nel paese dopo la primavera araba del 2011, conclusasi con la cacciata del leader Ben Alì, autoritario e sedicente socialista. Da un lato un’anima ispirata da un islamismo più o meno pragmatico o integralista, ma di grande intransigenza verso il passato regime. Dall’altro un’anima riformista e più orientata ad occidente, con profonde lacerazioni al suo interno che non vedevano anche posizioni, escluse da altri, non ostili al ritorno in patria del leader deposto. Due anime che si sono di volta in volta alleate o divise, tra di loro e al proprio interno, senza però essere mai giunte a fornire quella risposta che qualsiasi forza politica è obbligata a dare, una volta pervenuta al potere. Una vita degna di essere vissuta alla generazione presente e a quelle future. Oggi quelle forze partitiche che ieri dominavano la scena politica, sembrano farsi da parte. Sia che si tratti dei partiti laici e riformisti che avevano come candidati il premier Chahed o invece il ministro dimissionario Zbidi. Sia che si tratti degli islamisti del partito Ennhadha, rappresentati dal loro numero due, il pragmatico Mourou. Al loro posto i vincitori (parziali) di oggi. Kais Saied, un giudice laico ma che paradossalmente ha saputo raccogliere le simpatie di un Islam tradizionalista, grazie alle sue posizioni in materia di omosessuali (fuori legge), pena di morte (favorevole), disparità di diritti tra figli e figlie in materia di successioni. Voti ricevuti il 19%. Dopo Saied il secondo arrivato col 15% dei votanti. Nabil Karoui, attualmente in carcere per riciclaggio ed evasione; meglio noto come Berlusconi tunisino con qualche ragione. Imprenditore in possesso di una forte catena televisiva di cui anche Silvio e socio, che molto ha sfruttato i media di cui si può avvalere. Meno berlusconiano il suo dichiararsi socialdemocratico che lascerebbe intendere la possibilità che una sua vittoria venga seguita dal rientro in patria del “socialista” Ben Alì, il dittatore deposto di cui Karoui è amico. Situazione anomala come poche, pure se nel quadro delle tante anomalie che vantano il sud del Mediterraneo e il Medio Oriente. Come si sia giunti a tutto ciò non è breve da spiegare. Se vogliamo a tutti i costi individuare un filo rosso che accomuni gli aspetti di un tracollo, rispetto a chi si attendeva una occidentalizzazione democratica della Tunisia, dobbiamo parlare di delusione delle aspettative. Oggi in Tunisia è miseria nera e tutti i politici di questi anni vengono individuati come responsabili della situazione. Regioni della periferia allo sbando economicamente per mancanza di aiuti publici. Settori dell’amministrazione ridotti ai minimi termini quanto a personale e a stipendi, come da ricetta del Fondo monetario internazionale. Fermenti di guerriglia legati all’Isis e ad al Qaeda , tra i giovani e nelle aree più povere come Kasserine, verso la Libia. Lì, a Natale, la rivolta è esplosa apertamente e le risposte del governo sono state inefficaci. Anche l’arrivo di imprenditori da Francia e Italia ha rivelato limiti paurosi nel risolvere i problemi della popolazione locale. Si danno casi, come quello ricordato da Alberto Negri, di imprenditori italiani costretti ad assumere 50 operai al posto di 20 perché nella loro impresa, ad un salario di fame in linea con le ricette del neoloberismo, corrisponde un lavoro erogato dalla classe operaia col contagocce. Viene in mente uno slogan che serpeggiava nelle fabbriche italiane, nel secondo dopoguerra “A salario di merda, lavoro di merda”. Terrorismo, miseria, nessuna prospettiva futura. La gente scappa (il 25% degli arrivi via mare in Italia proviene dalla Tunisia) oppure, se rimane, si impiega in gran parte nel solo settore in crescita: il contrabbando. Ci sarebbe da piangere per i vincitori di domani, se non fosse che probabilmente, come dice una canzone, pure credendosi assolti, sono anch’essi coinvolti. E non a caso si tratta di un giudice e di un carcerato.