GOVERNO. IL LAVORO DURO, INIZIA ORA: BISOGNA RICUCIRE LE FERITE INFERTE DAL SOVRANISMO

GOVERNO. IL LAVORO DURO, INIZIA ORA: BISOGNA RICUCIRE LE FERITE INFERTE DAL SOVRANISMO

Il lavoro inizia ora. Da adesso. Il lavoro più duro e più difficile è quello di ricucire le ferite del paese, ricucirle con il filo della nostra storia, delle nostre memorie. Il lavoro difficile non è solo trovare ascolto in Europa, anche se è importante: ma è contestare chi pensa che andare a scuola sia un preludio al lavoro. Mentre la scuola deve essere tutt’altro, deve formare i cittadini, le menti, gli essere pensanti. Il lavoro duro è nel togliere quell’arroganza quello snobismo della classe intellettuale italiana che spesso non ha capito, che ha guardato dall’alto in basso, che ha ritenuto essere altro. Il lavoro duro è comprendere che i sovranismi sono luoghi dove le cellule non si rigenerano, dove non circola più il sangue, dove i tessuti del corpo del paese si deteriorano perché troppo periferici per far arrivare vita e ossigeno. Il lavoro duro è nel capire che le narrazioni dei giornali, le parole dei giornalisti hanno contribuito a quel baratro con una superficialità sconfortante. I giornalisti non hanno informato ma hanno parteggiato. Non hanno raccontato la cronaca della partita, hanno messo le magliette delle squadre non preoccupandosi di saper giocare. Il lavoro duro non è solo nelle riforme, nella scuola, nell’università, nella formazione delle classi dirigenti, nel sostegno alle biblioteche, nel rendere i musei accessibili, e potremmo continuare. Ma è ancora più in profondità, e non potrà farlo nessun Governo e nessuna politica di maggioranza o di opposizione: è ricucire, è ricordare, è rileggere, è spiegare. Privando di qualsiasi narcisismo ogni fenomeno culturale, ogni parola detta in pubblico. Non si tratta solo di accogliere i disperati che arrivano per mare. Si tratta di accogliere quelle idee, quella lentezza quella misura che non hanno più cittadinanza. E avere coscienza che quella serietà, quelle idee e quella misura le hanno perse quelli che per molti stanno dalla parte giusta, quelli che la cultura l’hanno sbandierata, quelli che ne hanno fatto un business, quelli che l’hanno trasformata in narcisismo come dei Re Mida dell’ovvio. Avremo il coraggio di dire che ci siamo stancati degli scrittori da kermesse? Degli intellettuali da salotto, dei settarismi, dei giornalisti di lotta e di governo, pronti a parlare di tutto, senza sapere niente? Dei Festival culturali che amplificano il nulla intellettuale, dimenticando che zero elevato alla decima fa sempre zero. Avremo il coraggio di insegnare la misura e la cultura, il rispetto, e la moderazione? O forse, ora che il Governo è cambiato si pensa di tornare come prima? Con l’alterigia che in parte ha portato altri a degradare questo paese. Sarà questo il lavoro duro. Questo va fatto, è questo che conta davvero. Va fatto con fatica e umiltà. E soprattutto sottotraccia, in silenzio. Con attenzione. E responsabilità.