GRAN BRETAGNA. BREXIT. NELLA FAMIGLIA JOHNSON E’ GUERRA FRATRICIDA

C’è qualcosa di nuovo, anzi di antico nello psicodramma brexit, una maratona mediatica capace di farvi prendere sonno meglio di una dose da cavallo di bromozepam. La partita decisiva si gioca sui tempi, le alleanze e le procedure al fine di impedire una decisione del parlamento britannico capace o meno di far saltare il no deal. Scadenza chiave il 31 ottobre, se i giochi non si modificheranno prima. Oltre alla Storia con la S maiuscola esistono però anche le ministorie, quelle che coinvolgono le relazioni di familiarità e gli affetti più intimi, sconvolgendoli, col peso di eventi che potrebbero cambiare i connotati a un continente. Alludiamo alla rottura interna alla famiglia Johnson, quella del premier Boris, per intenderci. La solerzia di Repubblica ci permette di sapere tutto su come, in materia di brexit, la pensino il papà di Boris e due dei suoi fratelli (per gli interessati si tratta di papà Stanley, di fratello Jo e di sorella Rachel). Ci sarebbe anche Leo, l’ultimo venuto, ma sulle sue opinioni regna ancora il mistero. Oggi c’è Jo in prima pagina e le sue opinioni destano un certo interesse. Non tanto perché, come Stanley e Rachel, Jo manifesti avversione per l’esuberante Boris e le sue esternazioni. Il problema è che Jo medesimo era stato sottosegretario allo sviluppo economico e dimettendosi indebolisce il fronte della brexit sia dal punto quantitativo, i conti faticano a tornare, sia dal punto di vista politico (un sottosegretario è pur sempre un sottosegretario). Jo ha dichiarato che nel nome della fedeltà familiare non può mettersi contro l’interesse nazionale. Un’opinione del tutto rispettabile. Magari avrebbe potuto limitarsi a dire che lui non vuole andare contro l’interesse nazionale, visto che la fedeltà familiare pare non rientri tra i doveri di un sottosegretario. Ma tant’è. L’importante è che lui abbia alfine maturato l’idea che la brexit è distruttiva e quindi che Boris è un tipo poco affidabile. Va comunque fatto onore a Jo di essersi fatto da parte, sia come deputato che come viceministro, un incarico svolto sotto tre premier nell’arco di 9 anni di vita parlamentare. Il bello è che lui si è sempre dichiarato europeista anche sotto la May di cui diceva se non corna quanto meno peste, tanto da dimettersi da ministro e non solo da umile vice di qualcosa. Quando si dice la famiglia. Comunque non meravigliamoci. In Italia abbiamo storie di maggiore pragmatismo, come quando i differenti fratelli sceglievano (erano tempi di famiglie numerose) tutti un partito diverso per trovare sempre un ombrello al cambiare del vento, quindi di cosa ci meravigliamo? Palla al centro e si ricomincia. Lunedì nuovo voto su mozione del governo per il voto anticipato che darebbe nuove chance ai sostenitori di brexit e dello stesso no deal. Jo non ci sarà. Se ne accorgerà qualcuno, che Jo manca all’appello? Se le votazioni si dovessero concludere con lo scarto di un voto probabilmente sì.