HEZBOLLAH E ISRAELE AI FERRI CORTI. SOLO SCARAMUCCE O POSSIBILE NUOVO CONFLITTO?

E’ già da oltre una settimana che la tensione al nord di Israele si sta avvicinando ai massimi livelli. Le strade più vicine al confine sono presidiate da piccoli drappelli militari e i notiziari aggiornano in tempo reale le reazioni e i discorsi di Nasrallah e compagni. Dopo che alcuni droni israeliani hanno centrato un obiettivo militare indispensabile per la realizzazione di un progetto militare finanziato dagli iraniani tendente a trasformare i razzi di hezbollah in ordigni di precisione quasi millimetrica il leader della milizia sciita Hezbollah si trova in una situazione molto delicata da gestire. Da un punto di vista tattico e politico è inamissibile non reagire cercando di stabilire così una nuova equazione su come sia lecito combattersi e quali siano le linee invalicabili. Ma non bisogna dimenticare che Hezbollah è anche un partito politico membro del governo di unità nazionale libanese. Nasrallah dispone di 19 ministri su 30 e quindi ogni sua decisione coinvolge di fatto tutta il paese. E’ in questo caso la decisione di reagire potrebbe avere effetti catastrofici. Dove reagire, come, chi e quanto colpire, sono tutte variabili che possono portare immediatamente il confine settentrionale di Israele a un punto di non ritorno tale da scatenare una nuova guerra dopo l’ultima del 2006. Per Nasrallah i grattacapi sono ancora più numerosi di quanto si possa pensare: La notte precedente, un raid dell’aviazione israeliana aveva prevenuto unimminente attacco su larga scala di diversi droni-killer su Israele colpendo le forze iraniane dei guardiani della rivoluzione. Durante la preparazione di tutta questa operazione gli iraniani si erano ben guardati dall’avvertire il leader libanese dei loro progetti. Ancora più preoccupante è il fatto che i droni usati per colpire la Dahyah, il quartiere sciita per eccellenza di Beirut avevano una gittata limitata, 10-15 km, ciò vuol dire che esiste una solida struttura clandestina in grado di colpire hezbollah dal suo stesso territorio. La situazione attuale è molto più complessa e intricata di quanto si possa credere. In questo conflitto sempre più evidente che latente sono impegnati l’Iran, l’Iraq, la Siria, il Libano e Israele. Il progetto iraniano dei “razzi intelligenti” si sta sempre più allontanando dai confini dello stato ebraico visto i numerosi bombardamenti israeliani volti a distruggere o a limitare al massimo la realizzazione di quello che per il governo di Gerusalemme è una minaccia militare inamissibile. Ma se nemmeno l’Iraq è indenne dalla lunga mano dell’aviazione israeliana, allora il prestigio iraniano comincia a incrinarsi, visto che il paese degli ayatollah non è in grado di difendere i suoi fedeli alleati. Americani e Russi per una volta tanto si trovano accomunati dallo stesso obiettivo: abbassare al minimo possibile la tensione esistente e mantenere tutta la zona sotto controllo. I russi hanno basi militari in siria, e ogni cambiamento radicale dell’assetto geopolitico non farebbe che ledere i loro interessi. Anche gli USA non sono per niente soddisfatti di una possibile modifica del fragile equilibrio che tiene in piedi il governo iracheno. Intanto la data del 17 settembre, giorno delle prossime elezioni israeliani si avvicina a grandi passi e i sondaggi ribadiscono la necessità di formare un governo di unità nazionale, vista la situazione di stallo esistente. E anche questo è un dato che Nasrallah deve tener presente, tendere troppo la corda in questo periodo vuol dire favorire la rielezione di Netanyahu, cosa che magari non lo dispiacerebbe più di tanto.