IL RICCO, IL POVERO E LA LEZIONE DI ONESTÀ
Un venerdì. Un fine settimana qualsiasi. Corrono le ore, come le macchine, come la gente. Nel giorno dei ricchi, in quello dei poveri, in quello degli italiani, in quello degli immigrati. Il giovane originario del Bangladesh passeggia sulla via Nazionale a Roma. Non ha fretta, lui. Ha finito il suo lavoro quel giorno. Ha chiuso la sua bancarella. Non è divenuto un miliardario, ma ha quello che gli permette di vivere con dignità. Incede lento gustandosi quello che agli altri, impegnati nella corsa del vivere, sfugge. L’aria frizzantina di una bella giornata romana. Il cielo terso sopra quella città che accoglie, ama, eterna non a caso. Tra il marciapiede e la strada un portafoglio. Lo riconosce subito dalla forma. Lui ne vende. Sulla sua bancarella ce ne sono di tante fogge.Ma quello è di pelle. Ottima fattura. Lo raccoglie. Naturale, istintivo è guardarci dentro. Non crede ai propri occhi il giovane uomo. Tanti soldi. Li conta in maniera sbrigativa. È per strada. Duemila euro!Naturale e istintivo pensare: un miracolo!Quanti problemi risolvono duemila euro.Lui lo sa. Lui col suo banchetto in via Torino lo sa il valore di quel denaro, lui che ne sogna la consistenza nei giorni del freddo o del caldo in attesa di qualcuno che si fermi a comprare. Sarebbe un attimo prendere quei soldi e gettare il resto. Mica li ha rubati? Li ha solo trovati. Maledizione! Quei documenti sono lì, fra le tasche di quel portafoglio. Lo guardano. C’è un nome, un cognome, un indirizzo. Quei soldi non sono più della strada. Hanno un proprietario. E non è lui. Potrebbe divenirlo in un battito di ciglia. Se solo fingesse di non vedere quel volto e quel nome. Lui non è ricco, è vero. Ma non è un ladro. Adesso che sa che quei soldi hanno un proprietario in carne e ossa, appropriarsene farebbe di lui un ladro. Ancora una prova per lui. L’ennesima che la vita gli presenta. Ma non ha mai abdicato alla sua dignità, non lo farà neppure adesso. Il carabiniere che riceve in consegna il portafoglio, lo guarda con ammirazione. Le mani del giovane straniero tremano un po’. Tremano a chiunque quando stringono per poco una fortuna. Tremano anche quando stringono le mani del proprietario del portafoglio venuto a riprenderlo e a ringraziarlo. Un professionista. Magari un uomo immerso nella fretta di un fine settimana. Non accetta neppure la ricompensa che gli spetta di diritto avendo consegnato un oggetto trovato al suo legittimo proprietario. Il giovane immigrato reputa di avere fatto una cosa normale che non ha bisogno di riconoscimento alcuno. Neppure il suo nome per farsi pubblicità.Nell’epoca del do ut des, della vendita persino dell’anima, sotto il cielo di Roma si è respirata aria pulita. E tornano alla mente , chissà perché associandole a questa storia, le parole del generale Carlo Alberto dalla Chiesa: ” Certe cose non si fanno per coraggio, si fanno solo per guardare più serenamente negli occhi i propri figli e i figli dei nostri figli.”
