LA GUERRA DEL CONI. UNA GARA TUTT’ALTRO CHE SPORTIVA

LA GUERRA DEL CONI. UNA GARA TUTT’ALTRO CHE SPORTIVA

In principio era il CONI ( comitato olimpico nazionale) giuridicamente un ente pubblico non economico.Esso nacque come un insieme delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate. Dipendeva direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Fra le sue principali finalità vi era l’organizzazione e il potenziamento, la promozione dello sport italiano e la preparazione degli atleti per la partecipazione alle olimpiadi . Nel 1993 si è pensato bene di far nascere da una costola dello stesso il “CONI Servizi”. Questo ramo del CONI si doveva occupare nello specifico della organizzazione delle Olimpiadi in Italia. Coni Servizi ha il compito di realizzare opere in funzione della competizione olimpica, cura e gestisce gli appalti che gravitano attorno a queste realizzazioni. Con una legge dello Stato del 2002 Coni Servizi diviene una Società per azioni cui, peraltro, vengono attribuiti tutti i beni che facevano capo al CONI. Presidente del CONI è Giovanni Malagò. Con la finanziaria 2019, in pieno governo giallo_ verde , si è stabilito di ampliare le competenze di Coni Servizi e di trasformarlo in una SPA interamente partecipata dal ministero dell’Economia e finanze. Per distinguerlo dall’originaria madre, è stata cambiata anche la denominazione. Da gennaio 2019, infatti, Coni Servizi è divenuta una Società in house dello Stato con il nome di “Sport e Salute Spa”, struttura operativa per conto della autorità di governo, competente in materia di sport. Il cambio di ragione giuridica e il mutamento del nome non sono cambiamenti esclusivamente formali. Hanno un rilievo sostanziale: circa 400 milioni di euro, prima gestiti dal CONI,adesso sono nella piena disponibilità della SPA , partecipata statale al 100 per cento, denominata Sport e Salute. Al vertice del Consiglio di amministrazione della nuova società è stato nominatoRocco Sabelli. Il CONI, quindi, oggi potrà gestire solo ed esclusivamente una cifra irrisoria di risorse dedicate allo sport, circa 40 milioni di euro. Poco prima della caduta del governo pentaleghista al Senato era stata approvata in via definitiva la legge delega contenente la riforma dello sport. La riforma restringerebbe le competenze del CONI, limitandone l’ambito di operatività potendo lo stesso gestire solo “l’attività sportiva di vertice”. Stante alle indiscrezioni sulla legge delega il CONI non potrebbe più godere della titolarità degli impianti sportivi e non potrebbe più occuparsi della gestione dei fondi pubblici . Il presidente del CONI, Gianni Malagò, ritiene iniqua una normativa atta a ridurre competenze e fondi dello stesso. Sostiene che la riforma violi il punto 5 dei principi fondamentali che regolano le olimpiadi e l’articolo 27 della Carta olimpica. Qualche indiscrezione maliziosa lascia trapelare la supposizione che la presa di posizione di Malagò, in realtà sia dovuta al fatto che la nuova normativa voluta fortemente dal sottosegretario dell’epoca, il leghista Giorgetti, pone un freno al rinnovo del contratto degli organi di vertice, non più possibile dopo tre anni di mandato. Il che porrebbe il Presidente fuori da ogni ulteriore incarico. Malagò avrebbe scritto una lettera al Comitato Olimpico internazionale . Lettera, di cui, a onor del vero, al momento non si è rinvenuta traccia. Secondo alcune voci che si rincorrono avrebbe minacciato l’esclusione dell’Italia dalle Olimpiadi di Tokyo 2020 e avrebbe chiesto addirittura la revoca dell’assegnazione di Milano-Cortina 2026. Secondo fonti di governo, della prima e della seconda ora, Malagò avrebbe compreso che con la legge delega e i decreti attuativi il CONI avrebbe perso sempre più potere decisionale ed economico, vedendo arginate le prerogative e le finalità per le quali lo stesso era nato. La sola preparazione delle olimpiadi, sarebbe un greto troppo stretto entro cui scorrere. Un contentino minimo se si pensa che tutto lo sport italiano ha trovato sempre nel CONI l’ombrello protettivo. Qualcuno osserva che probabilmente il cambio di governo possa avere fatto pensare al Presidente che vi sia una possibilità di incidere sulla nuova normazione e potere avocare in capo al CONI, prima della emanazione dei decreti attuativi, la decisione sui contributi da assegnare alle federazioni, prerogativa finita in capo a Sport e Salute. Mentre da più parti si levano strali contro Malagò, ivi compresa una insistente voce di richiesta di dimissioni e l’affermazione dello stesso Di Battista che in una intervista pare ne abbia auspicato la rimozione, nella guerra Malagò-Sabelli sarà decisiva la posizione del neoministro allo Sport Vincenzo Spadafora. Ministro che non avrà sicuramente un compito facile nel mediare fra le opposte visioni e richieste. Lo scenario che si prospetta pare la sceneggiatura di un film la cui scena finale è un duello all’ultimo sangue, con protagonisti vecchi e nuovi e un unico palcoscenico: il flusso di interessi che ruota attorno al CONI e, quindi, allo sport. Sicuramente ci saranno ulteriori sviluppi in una vicenda che tra affermazioni eclatanti e altrettanto roboanti smentite non ha trovato ancora un epilogo. Al di là del mero fatto di cronaca, forse la trasformazione di enti pubblici in società per azioni in house, sia pure a partecipazione interamente statale, apre scenari che più di un dubbio fanno sorgere. Gli interessi in ballo sono tanti, la logica della privatizzazione tout court è sempre in agguato…con buona pace dello Sport vero e di un motto che un tempo era un mantra ” l’importante è partecipare”