LONGINO, OGGI

Invitando soprattutto i miei fratelli “cattolici” a una riflessione pacata sulla questione della legge sul “fine vita” che la gerarchia ecclesiastica chiede alla nuova maggioranza di trattare con grande riguardo (e dunque con pronta disponibilitá ad accogliere le sue indicazioni dottrinali) vorrei partire da un’attenta considerazione della figura di Longino, il soldato romano che secondo la tradizione trafisse il costato del Crocefisso per accertarne la morte. Perchè tante rappresentazioni di quel gesto (crudelmente burocratico o invece pietoso?) divennero oggetto di affreschi e tele nell’iconografia religiosa per molti secoli, fino a oggi? E che intento mosse davvero Longino? E I suoi compagni di centuria che si alzarono con l’intenzione di fratturare gambe di Gesù (salvo dover constatare che era giá morto) intendevano abbreviargli i tormenti dell’agonia o accelerare I tempi dell’esecuzione per non sprecare ore in attesa del decesso? Non lo sapremo mai. Ma possiamo provare a metterci dalla parte di Maria, sua madre, e anche di Maddalena, che quel Gesù amava più di tutti I discepoli che erano scappati dal Golgota. È un azzardo il mio, ma vi chiedo: secondo voi per quelle due donne straziate, terribilmente certe che per il condannato tanto amato non poteva esserci scampo, fu più importante -in quella data cirscostanza- affermare e testimoniare fino allo stremo il sacro principio dell’intangibilitá della vita o il sentimento di partecipazione al dolore senza speranza del figlio e dell’amato, e dunque il desiderio che quel dolore avesse al più presto fine? Può qualcuno davvero credere che le due donne desiderassero con tutte le loro forze che lo strazio continuasse il più possibile per rispettare la volontá di un Dio crudele che non aveva salvato l’innocente che era tutta la loro vita (o della natura direbbe oggi qualche teologo o filosofo cattolico mascherando con questo termine lo stesso concetto della volontá divina, imperscrutabile e inviolabile)? Saremo noi, in nome di un principio e di un valore astratto (la vita in qualunque caso e in ogni condizione), tanto crudeli da far meglio della madre di Gesù che non desiderava altro -ne sono certo- se non che il figlio le morisse il più presto possibile? Siamo sicuri che non fu la Maddalena a implorare Longino che la facessa finita per abbreviare I tormenti del suo amato anche solo per un istante? E sono blasfemo se immagino che a un certo punto anche Gesù abbia levato il suo lamento implorando “adesso basta”? Ecco, vedete, io non faccio astratte considerazioni dottrinali e/o legali. Io provo a immaginare di essere lì, accanto a Welby e a DjFabo, e mi chiedo? La pietà vera mi avrebbe imposto di obbligarli a soffrire ancora più di quello che già avevano sofferto, in misura per noi inimmaginabile ? In fondo , perfino Gesù soffrì meno di loro, perche la sua agonia duró qualche ora, non giorni mesi e anni… Questo scrivo perchè il rigore di troppe autoritá religiose mi pare confliggere col dovere della pietá cristiana. Non sarebbe più umano tacere sul dolore altrui e provare a comprendere che ci sono situazioni in cui il dolore (anche morale) del malato senza scampo è ormai insopportabile e che l’affetto di chi gli è vicino può farsi carico di accettare la scelta del malato di porre fino al supplizio? Chi ha il diritto di imporgli di soffrie anche solo un istante più di quanto lui possa? Quale teologo, filosofo, vescovo, prete o credente ai piedi della croce potrebbe permettersi di consigliare al condannato di Nazareth di resistere ancora un po’ per affermare il sacro valore dell’intangibilitá della vita, rivendicando per lui il diritto/dovere di allontare l lancia di Longino? Permettetemi allora di aggiungere un mio dubbio: quello che mi fa pensare che dietro l’affermazione dell’intangibilità della vita si nasconde ancora (inconfessata) la dottrina del valore salvifico del dolore innocente, che è l’altro modo di sostenere la partecipazione dell’uomo sofferente ai dolori dell’Espiazione dei peccati del mondo da parte di Gesù. Dottrina spietata e terribile alla quale da tempo oppongono il loro rifiuto tanti teologi e tanti uomini e donne di fede. Rifiuto al quale anch’io, nel mio piccolo, mi associo. No, teologi, vescovi, preti, suore, cattolici tutti rigorosi difensori della giusta dottrina: non possiamo onestamente pretendere di essere più cristiani di Gesù il Crocefisso e delle donne che sono state accanto a lui nello strazio della sua agonia sul Golgota.