MATTARELLA TRA TRUMP E ERDOGAN: IMBARAZZANTE FEDELTÀ ALLA NATO

Gli Usa vogliono che compriamo caccia F-35 per 15 miliardi di euro, metà della manovra finanziaria: ma quante forme di parmigiano dobbiamo esportare In Usa per ripagarli? E a cosa servono? . Non abbiamo voce in capitolo in nulla e nel 2011 Francia, Usa e Gran Bretagna, hanno bombardato Gheddafi obbligando anche noi a farlo con risultati devastanti. Inoltre a Tripoli e Misurata dipendiamo dalle armi di Erdogan fornite al nostro alleato Sarraj. Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare. Mica solo Putin ed Erdogan nel Rojava siriano. C’è anche Mattarella che ieri era da Trump per discutere di dazi, F-35, Turchia e magari pure del caso di Giulio Regeni, da noi un po’ dimenticato ma che blocca ogni normalizzazione nei rapporti con l’Egitto, Paese chiave per i nostri interessi economici (gas) ma anche politici, perché il Cairo sostiene il generale libico Khalifa Haftar nemico del nostro alleato Sarraj e del governo di Tripoli. Mentre Erdogan, detto per inciso, sostiene proprio Misurata e Tripoli, quindi è oggettivamente un alleato dell’Italia. Messa così anche un dilettante capisce che rischiamo di uscire con il solito pugno di mosche. Non per colpa di Mattarella, pover’uomo. Lui più che sostenere “Giuseppi” Conte non poteva fare. E ha fatto bene, perché il presidente del Consiglio facendo incontrare il 15 agosto il ministro della Giustizia Usa con i nostri servizi segreti ha fatto un favore a Trump in cerca di dossier sul Russiagate e sull’Ucraina. La materia poi è diventata scottante e proprio per questo la scorsa settimana è venuta Roma “Gina detta la sanguinaria”, ovvero Gina Haspel, la capa della Cia che ha dovuto catechizzare tutti: presidente del Consiglio, servizi segreti e politici vari. La missione della Gina dovrebbe avere appianato alcune questioni e forse ha reso più facile il compito del nostro presidente della repubblica con Trump. Il leader americano chiede ancora garanzie sulla tecnologia cinese del 5G e vuole una conferma che l’Italia manterrà l’impegno di acquisto dei caccia F-35 e propone un aumento del commercio bilaterale. Il presidente Mattarella, accompagnato nella visita dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, mette sul tavolo il problema dei dazi imposti sui prodotti dell’agroindustria italiana, questione già agitata durante la visita del segretario di stato Pompeo a Roma. L’Italia dovrebbe comprarsi, secondo gli Usa e i contratti firmati, altri 90 F-35 per un costo di 15 miliardi di euro. Gli americani insistono perché nel confronto in atto da tempo Erdogan hanno bloccato le forniture di F-35 ad Ankara, esclusa anche dalla catena produttiva del caccia. Quindi noi, ai loro occhi, siamo acquirenti obbligati. Gli F-35 costano come metà del totale della manovra finanziaria di quest’anno e un’ora di volo su questi magnifici caccia costa 40mila euro: ma quante forme di parmigiano dobbiamo esportare per ripagarceli e farli decollare? Ma soprattutto: a noi cosa servono? Siamo una colonia Usa con 60 basi militari, 90 testate nucleari che magari diventeranno anche di più se gli Stati Uniti ne ritirano 50 dalla Turchia, come scrive il New York Times. Non abbiamo voce in capitolo in nulla e nel 2011 Francia, Usa e Gran Bretagna, hanno bombardato Gheddafi obbligando anche noi a farlo con i risultati devastanti che sappiamo. Per di più neppure un cane dei nostri alleati ha mai detto una volta che bisognerebbe dare una bastonata ai clan dei trafficanti libici. Figuriamoci: gli americani non difendono i curdi che sono stati la loro eroica fanteria contro il Califfato e adesso si occupano dei nostri problemi? Da come vanno le cose dovremmo essere noi a farci carico della nostra sicurezza ma a noi piacciono solo i soldatini di cioccolata. Inoltre se gli americani lasciano il posto a Putin in Medio Oriente e magari pure in Libia, dove Mosca sostiene Haftar, perché dovremmo svenarci ad acquistare gli F-35 o rompere le scatole ai cinesi? Ci converrebbe diventare più amici di Putin. Sono sicuro che queste domande se la fa anche il nostro presidente della Repubblica, un uomo saggio, moderato, che mai si comporterebbe come Erdogan irritando gli alleati americani. Ecco perché siamo un pilastro irrinunciabile della Nato. Finalmente l’ho capito anch’io.