REGNO UNITO. BORIS JOHNSON, COLPITO DALLA POLITICA, AFFONDATO DALLA CORTE SUPREMA

Mesi fa erano in molti a ritenere che Boris Johnson avesse la vittoria in pugno. Essendoci una scadenza come il 31 ottobre, pareva proprio che, per quella data, un accordo in extremis tra i britannici e la Ue in materia di brexit fosse irraggiungibile. Quindi il premier avrebbe avuto buon gioco nel realizzare la sua soluzione preferita: il no deal, uscita senza accordo, sperando pure, in tal modo, di non avere nulla da pagare. Pareva cioè impossibile che, in tempi così stretti, le opposizioni, interna ed esterna al suo partito, si sarebbero potute organizzare fino a individuare una soluzione alternativa. Ma lui ha voluto stravincere. E ha strappato alla regina Elisabetta la firma per una procedura che implicava tempi di chiusura e riapertura del Parlamento che ne avrebbero bloccato le attività per oltre 50 giorni. Giochi fatti e strafatti, dunque? Non proprio perché le opposizioni, piccate sul vivo, si sono accordate a tempo di record per mettere a punto e far passare una proposta di rifiuto del no deal che a Boris (BoJo per gli amici e per i nemici) avrebbe quanto meno messo i bastoni tra le ruote. Ma il peggio, per il premier, doveva ancora venire. La Corte Suprema, interpellata, bocciava all’unanimità, meno di due giorni fa, la “sua” chiusura del Parlamento. Con una durezza che suonava come un vero e proprio marchio d’infamia. La sentenza dava infatti per illegale una chiusura di quelle dimensioni e in quelle circostanze. Inoltre si configurava il fatto che il consenso della regina fosse stato ottenuto con tanto di frode. Si sa che nel Regno Unito la regina è al di sopra di ogni sospetto, almeno di regola. Nel nostro caso non poteva comunque venire affondata la vetusta novantatreenne Queen Elizabeth. Da qui ne derivava che doveva trattarsi di una truffa di BoJo ad averle carpito la buona fede. E il relativo siluro spettava di diritto a lui e soltanto a lui. Conseguenza? Il Parlamento si riapre e i suoi membri hanno tutti, chi più chi meno, il dente avvelenato. Gli oppositori di sempre come il leader laburista Corbyn che riprende con ulteriore rigore e a ragion veduta gli attacchi al premier. Gli amici di BoJo, da lui trascinati in un gioco che li ha visti tutti perdenti. La regina in persona, che si sente turlupinata e a rischio di esposizione al pubblico ludibrio. Qualcuno sostiene pure che Johnson, refrattario alle dimissioni, rischi la galera. Parlare di un caso di golpismo strisciante non è più un tabu. I tempi rimangono peraltro stretti e la partita non è chiusa. Per di più lui di autogol è in grado di farsene ancora. Di sicuro il no deal versione Johnson perde i colpi. Ma un accordo con la Ue sulla brexit rimane tutto da vedere e altre soluzioni che implicherebbero nuove elezioni e/o un nuovo referendum, comportano difficoltà ulteriori. In sostanza i fallimenti della May, in tutti questi mesi, lasciano il fiato corto per qualsiasi genere di soluzione. Per non parlare di Cameron, che con un referendum suicida, ha dato il via a questa danza macabra. Cameron, May, Johnson: il Regno Unito sconta oggi un terno secco di leadership dei Conservatori dai connotati fallimentari.