STALLO ALLA MESSICANA IN SALSA ITALIANA

STALLO ALLA MESSICANA IN SALSA ITALIANA

In molti film  e romanzi, non solo di genere western, si è usato il termine “stallo alla messicana”, detto anche “triello”, per indicare una situazione in cui due, o anche più persone, sono ognuna sotto il tiro dell’altra, ed in quel modo nessuno può far fuoco per primo senza essere a sua volta attaccato. Scene che, viste al cinema, mettono tensione e curiosità, in attesa che qualcuno faccia la prima mossa, ma per noi italiani in realtà si tratta di scene già viste e riviste. Sostituite il selvaggio west con il Parlamento, al posto dei pistoleri mettete i partiti politici, ed ecco venire fuori lo stallo all’amatriciana, che di tensione ne ha messa, e continua a produrne ancora. Anche recentemente si è visto cosa è accaduto quando, durante il legame intenso ma poco duraturo tra Lega e 5Stelle, ad un certo punto si è cominciato a sparare. Dapprima in alto, come si trattasse di un tiro al piattello tanto per tenersi in esercizio, con qualche danno collaterale, vittime di guerra si potrebbero chiamare. Poi però alla fine si è puntato al cuore dell’avversario, anche se, colpo di scena, la vittima è stata la nazione, lo scenario. Non che in passato si possano annoverare alleanze sostenute da abbracci e stima, basti pensare al 1989, quando Achille Occhetto, allora leader del PCI, propose la mozione per lo scioglimento del partito, avvenuta poi nel 1991. Da quel momento storico per la nazione, emerse il Partito Democratico della Sinistra, ma anche una formazione minore, formata dai fuoriusciti dissidenti, il partito della Rifondazione Comunista. Poi anche quella formazione si sciolse, nel 1995, in conseguenza della mancata fiducia al governo Dini, e venne fuori il Movimento dei Comunisti Unitari. Un’altra mancata fiducia, stavolta da parte di Rifondazione Comunista al governo guidato da Romano Prodi, ed una scissione portò alla nascita del Partito dei Comunisti Italiani. Ma non solo la sinistra italiana è stata oggetto dello “stallo all’amatriciana”, perché anche il centro destra ha avuto i suoi momenti di gloria, con alleanze durate il tempo di assegnare le poltrone, una esuberanza post elettorale che, come nella migliore delle tradizioni, si teneva in vita grazie al sistema del se parli tu parlo anche io. Come non ricordare il duello di Fini contro Berlusconi, nel 2010, con lo scontro finale tra i due contendenti consumato all’Auditorium della Conciliazione a Roma, in una esplosione di maschio testosterone da parte di entrambi. Risulta evidente che, a differenza delle pellicole americane, nel sistema italiano mancano gli effetti speciali, se si tralasciano i virtuosismi lessicali che hanno portato a lacrime e sangue nel 1992, ma in quel caso non si trattò di stallo bensì di plotone di esecuzione, con la popolazione messa al muro, impotente davanti alle scelte economiche di una classe politica che si manteneva casta ma non pura. Sono i tempi moderni dirà qualcuno, che costringono a tapparsi la bocca alleandosi con chi è distante dal proprio pensiero, solamente per non scomparire, facendo ricadere sul popolo le scelte della sopravvivenza in Parlamento. Però, tornando all’inizio, proviamo a visualizzare i due leader dell’ultima scissione, anzi, i 3, considerando anche il presidente del Consiglio, nella scena finale de “Il buono, il brutto e il cattivo”, sostituendo i volti dei protagonisti cinematografici, ed avremo l’esatta sensazione di ciò che è successo tra Salvini, Di Maio e Conte. Ci mancherà la soddisfazione di sentire uno dei tre urlare “hey biondo, lo sai di chi sei figlio tu? sei figlio di una grandissima put” con tanto di musichetta finale,  ma credo che ognuno di noi abbia ben chiaro nella propria testa che, quando l’uomo che non ha la maggioranza dei voti alle spalle incontra l’uomo con la maggioranza, l’uomo senza maggioranza è un uomo morto, pardon, escluso dal governo.