TRUMP, BIDEN, ZELENSKIJ: IL GIROTONDO DELLA CORRUZIONE

Tutto iniziò con le grane del figlio di Joe Biden, candidato alla presidenza Usa di campo democratico e già vice di Obama, Hunter Biden, figlio di Joe, era rimasto invischiato nelle indagini sulla società energetica ucraina, Burisma group , di cui era membro del board. In particolare Hunter era stato preso di mira dal capo di una procura locale dell’Ucraina, ai tempi in cui, a Kiev, regnava l’oligarca Poroshenko, immanicato con il governo Usa di allora, ma destinato alla sconfitta nelle più recenti elezioni. Non risultano dissidi tra Trump e Poroshenko, negli anni in cui quest’ultimo era al potere. Ma Trump, come è noto, è propenso al cambio di cavallo col cambiare dei colleghi al potere. Quindi non facciamoci sviare da questi particolari, che nel nostro caso non rivestono particolare importanza. Rilevante invece che Joe Biden, in quegli anni, tanto fece e tanto disse, da bravo papà, che il caso venne affidato ad altro procuratore e Hunter Biden ne uscì pulito come un cielo di Lombardia, così bello quando è bello. Sulla sostituzione del procuratore il ruolo Joe Biden è fuori discussione. Non solo per il legittimo dubbio che abbia voluto aiutare il figliolo. Il bello fu che lo stesso Biden ebbe pubblicamente a vantarsene. Addebitò le sue pressioni al fatto che il procuratore precedente perseguitasse il figlio essendo notoriamente corrotto. Amore per la giustizia o cuore di padre? Forse un minimo di intelligenza avrebbe suggerito a Joe l’antico slogan “Si fa, ma non si dice”, magari solo per prudenza. Ma il nostro, secondo alcuni, non brilla per tempi di reazione psicotecnica. Alcuni lo considerano un eterno perdente. Altri dicono però che è il caso di tenerselo buono perché i sondaggi lo danno vincente in un eventuale ballottaggio con Trump. I critici, tra gli stessi dem, sostengono che, se non ci si rende antipatici come solo Hillary Clinton seppe fare, Trump, sondaggi alla mano, lo potrebbe sconfiggere anche un manico d’ombrello. Aggiungono i maligni che il sostegno a Biden deriva dalla volontà dell’establishment dei democratici di far fuori la candidatura Sanders, anch’egli possibile vincitore nel ballottaggio con Trump, ma considerato troppo a sinistra. Fatto si è cheoggi Trump, colta la possibilità di cogliere in fallo un futuro rivale non se lo fece dire due volte. Si attaccò al telefono e cercò di prendere tre piccioni con una fava sola. Immanicarsi col nuovo vincitore delle elezioni in Ucraina Zelenskij. Incastrare un possibile futuro rivale alla Casa Bianca. Rafforzare le sue posizioni nel centro Europa, rompendo le uova nel paniere alla leadership tedesca. Così la merkel venne accusata, nella telefonata a Zelenskij, di essere troppo tenera nel sanzionare l’orso russo: una considerazione che il leader ucraino parve condividere. Insomma conciliare il diavolo e l’acqua santa. Critiche all’asse di Obama col falco Poroshenko, contro la Russia di Putin. Ma al tempo stesso sostegno alla colomba (o presunta tale) Zelenskij nel tenere duro contro Mosca, garantendogli l’appoggio di Washington al posto di quei mollaccioni di Berlino. Tutto qui? No perché fin qui siamo solo alle premesse e il “bello” deve ancora venire. Infatti Trump, nella telefonata a Kiev, che rischia di diventare il caso politico del decennio, ne dice di tutti i colori. E, in questo simile a Biden, se ne vanta pure. Dice che se Biden l’ha fatta franca potrebbe essere stato perché il primo procuratore era onesto e il secondo, quello che lo ha scagionato, no. Lascia intendere che lui, smanioso di verità, ha intenzione di riaprire la pratica in questione in sede statunitense. Vanta la sua familiarità col Segretario alla Giustizia Barr e il fatto di avere come legale un pezzo da novanta come l’ex Sindaco di New York Rudi Giuliani. E infine chiede al neo eletto presidente d’Ucraina la miseria di un favore. Quello di collaborare con Giuliani e con Barr. Pare peraltro che la Cia lamenti una scarsa prontezza di riflessi di Barr nel rispondere a una segnalazione del controspionaggio sul fatto che i movimenti di Trump non apparivano cristallini. Ovviamente tutto solo fine della ricerca della verità (c’è da giurarci). Una verità occultata da una magistratura Ucraina probabilmente prossima al precedente leader Poroshenko, scalzato da Zelenskij. Pare di ascoltare Biden, ribaltato di segno, anche se va riconosciuto che a suo tempo Joe non era corazzato dalla carica di inquilino della casa Bianca. Zelenskij abbozza ad una possibile collaborazione. Allude anche al fatto che il prossimo procuratore, eletto dal Parlamento di Kiev, sarà sicuramente sulle sue posizioni (separazione dei poteri se ci sei batti un colpo). Naturalmente il tutto solo nel nome della verità e della giustizia. Fatto si è che la speaker dei dem alla Casa Bianca, Nancy Pelosi, ha chiesto l’impeachment per Donald per avere “chiesto a un governo straniero di aiutarlo nella sua campagna politica, a spese della sicurezza nazionale”. Riuscirà nel suo intento? Gli esperti in maeria sostengono che alla torta, per essere completa, mancherebbe ancora una ciliegina. Sapere cioè quale favore sarebbe propenso Trump a concedere al leader ucraino, in cambio della sua collaborazione nell’incastrare Biden padre e figlio. Questo dalle telefonate che Trump ha messo a disposizione, ma che risultano un poco alterate, pare non venga fuori. Ma che cosa avrebbe potuto garantire Trump in un eventuale e non troppo incredibile scambio di favori? Qui il dramma confina con la farsa. Perché qualcuno ipotizza, non senza qualche ragione, che la contropartita potrebbe essere stata una intercessione di Trump col suo amico Putin come apertura di credito per l’ancor giovane e inesperto Zelenskij. Del tipo (già visto e letto) “Sai cosa ti dico Vladimir? Questo Ziliki è proprio un bravo ragazzo”. Insomma, da un lato Donald che garantisce al leader ucraino protezione a muso duro contro il Cremlino. Dall’altra gli promette che, solo grazie a lui e ai suoi buoni rapporti con Putin, a Kiev possono dormire sonni tranquilli. La fantasia al potere? Forse Zelenskij farebbe bene a parlarne con l’entourage dei politici repubblicani che contano veramente, dalle parti di Washington. I vari Pompeo, Pence, Kushner. Un bagno nella realtà gli farebbe bene alla salute. Anche in proiezione futura.