UNA RIFLESSIONE SUL MITO DI EDIPO

Rifletto sul mito di Edipo: una volta venuto a conoscenza della verità (ha ucciso suo padre e sposato la madre) si cava gli occhi, ovvero s’impedisce di vedere la realtà. In uno dei miei racconti riporto la figura della nonna della protagonista, divenuta cieca perché, ripeteva ai nipoti, “…Non volevo più vedere tutta la cattiveria del mondo.”.Si narra che il Re Mida, tanto ansioso di conoscere Sileno, tutore del giovane dio Dioniso e in grado di predire il futuro; spedì nei boschi i suoi servitori per farlo ubriacare quindi catturarlo.Avutolo davanti, il Re domandò al vecchio bevitore saggio: “Qual è la cosa migliore per l’uomo?”.Sileno rimase in silenzio poi, di fronte alle insistenze di Mida, rispose ridendo -Come di noi uomini ride, forse, la stessa esistenza-:“Stirpe miserabile ed effimera, figlio del caso e della pena, perché mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo non sentire? Il meglio è per te assolutamente irraggiungibile:non essere nato, non essere, essere niente.Ma la seconda cosa migliore per te è morire presto”.Conferma, appunto, del carattere beffardo della vita, presente in tutte le culture.Così come Dioniso, ucciso e smembrato dai Titani, l’uomo.Come la verità, sparpagliata attraverso pezzi di specchio sulla terra, noi non siamo che un frammento strappato alla totalità; e questa nostra irrimediabile condizione di esseri individuali è l’origine primordiale del nostro dolore.