FOGGIA E NAPOLI UN AMORE ANTICO, NE E’ TESTIMONE MARIO SALVATORE

FOGGIA E NAPOLI UN AMORE ANTICO, NE E’ TESTIMONE MARIO SALVATORE

Che Foggia e Napoli abbiano vissuto un matrimonio felice è cosa nota. Nell’Ottocento, Foggia era la seconda città del Regno di Napoli, per numero di abitanti e importanza economica, e fu a Foggia che nel 1797 re Ferdinando I sposò il figlio Francesco con Clementina d’Austria, facendo della città di Capitanata la capitale del regno per alcuni mesi. Ancora in tema di nozze prestigiose, Foggia sposò la grande tradizione musicale Napoletana, arricchendola con autori geniali, dal grande Evemero Nardella, che da Foggia nell’Ottocento si trasferì a Napoli, componendo indimenticabili canzoni napoletane, come “Chiove”, e diventando il direttore del conservatorio San Pietro a Maiella, a Umberto Giordano che in quel conservatorio studiò, diventando un grande autore lirico, prima che gli fosse dedicato il conservatorio musicale di Foggia. Dopotutto, la Capitanata confina con la Campania e a pochi chilometri da Foggia è già lingua napoletana, la stessa che usavano i foggiani per darsi un tocco di nobiltà.Testimone vivente di questo antico amore è il cantante Mario Salvatore, foggiano nato da genitori napoletani che, ieri sera, nell’auditorium della facoltà di Giurisprudenza di Foggia ha mandato in delirio un migliaio di persone che lo hanno acclamato come merita. Un concerto durato oltre due ore che l’infaticabile, seppure quasi ottantenne, Salvatore ha condotto senza pause e senza una benché minima caduta, invidiabile la limpidezza della sua voce e del suo pensiero. Accompagnato da un “concertino” di sette veri maestri, formati nella musica classica al conservatorio Umberto Giordano e altri eredi della grande tradizione jazz foggiana, Mario Salvatore ha ripercorso un secolo di grande canzone napoletana, da quella “colta” dei grandi autori classici, a quella “di strada” non meno preziosa.Mario Salvatore è da annoverare tra i più grandi interpreti viventi della canzone napoletana. Anni fa, ascoltandolo per la prima volta, gli dissi che mi ricordava il mitico Sergio Bruni, mi rispose che a lui s’ispirava. Di più, lo aveva conosciuto e lo stesso Bruni sentendolo cantare l’aveva apprezzato e incoraggiato a testimoniare ai giovani la grandezza della musica partenopea. Mario Salvatore con la sua voce calda, asciutta e melodiosa insieme, priva di connotazioni e orpelli enfatici, è andato oltre lo stesso Sergio Bruni, collocandosi tra l’interpretazione tradizionale e quella moderna, più secca, di Murolo.Non nascondo l’emozione provata nel riascoltare dalla sua voce le decine di canzoni più note, da Reginella a Anema e core, da Era de maggio, a Chiove, con la quale ha dato il meglio, con il pubblico che, mentre durante i brani più allegri accompagnava in coro il suo canto, ascoltando il capolavoro di Nardella tratteneva il fiato per poi esplodere in un incontenibile applauso liberatorio.La grande musica napoletana è immortale, come la voce degli dei che la tramandano. Ma la grandezza culturale napoletana non è solo musica, è anche letteratura, scienza, filosofia. Filosofia del buon vivere, capace di mutare in euforica commedia la tragedia del vivere. Un popolo che ha dato tanto alla civiltà umana, merita rispetto.