LA FUGA ALL’ESTERO DEI NOSTRI GIOVANI CI COSTA 16 MILIARDI
Negli ultimi 10 anni, dal nostro Paese sono “fuggiti” all’estero circa 250 mila giovani e come evidenziato dall’ultimo rapporto annuale sull’economia dell’immigrazione, presentato a Palazzo Chigi, l’area di appartenenza non è uniforme sul territorio: Il 18,3% di queste persone viene dalla Lombardia. Seguono Sicilia, Veneto e Lazio. I giovani che lasciano l’Italia scelgono per lo più Londra, che risula essere la meta più ambita o che potenzialmente sia in grado di offrire maggiori opportunità. Nel rapporto della Fondazione Leone Moressa, trasmesso l’8 ottobre è sottolineato come da circa un decennio, l’Italia sia tornata ad essere terra di emigrazione. In questi ultimi 10 anni abbiamo “ceduto” quasi 500 mila italiani (differenza tra rientri e partenze). Circa la metà, quindi 250 mila, sono giovani nella fascia d’età tra i 15 e i 34 anni. Sulla base delle caratteristiche lavorative, la Fondazione ha stimato che la “fuga” all’estero sia costata 16 miliardi di euro, perchè questo è il valore aggiunto che i giovani emigrati realizzerebbero se avessero un’occupazione nel nostro Paese. Un Paese di vecchi, questo risulta essere l’Italia, perchè volendo considerare la denatalità e l’allungamento della speranza di vita, risultiamo essere il Paese più anziano d’Europa. Questo implica risvolti socio-economici di un certo onere.Da oggi al 2050, secondo le stime Eurostat, potremmo arrivare a perdere dai 2 ai 10 milioni di abitanti e potremmo registrare un incremento della popolazione di anziani di circa 6 milioni, che sarà oltre un terzo della popolazione (la forbice prevista è tra il 33,8% e il 37,9%), contro l’attuale 22,4% che supera di poco un quinto della popolazione degli italiani. I motivi che spingono all’emigrazione possono essere diversi ma appare evidente che la ragione principale è la ricerca di un lavoro. Questo risulta chiaro dall’ananlisi del tasso di occupazione nella fascia d’età tra 15 e 24 anni.All’estero il tasso d’occupazione per i giovani (15-24 anni) è al 50,8%, mentre nel nostro Paese si attesta ad un più modesto 16,9%. Per quanto riguarda la popolazione dei giovani, negli ultimi 10 anni, ogni 1000 residenti (giovani) sono 20 quelli che hanno lasciato l’Italia.Le punte massime di percentuale riguardano il Trentino Alto Adige con il 38,2% e il Friuli Venezia Giulia col 28,7%. Per queste regioni probabilmente incide anche la posizione di confine.La media dei giovani che emigrano all’estero è abbondantemente superata anche da altre regioni del nod-Italia come la Lombardia, il Veneto e la Liguria.Nelle regioni del sud-Italia invece, non si registrano picchi di emigrazione solo perchè avviene molto spesso il fenomeno del trasferimento interno, cioè, i giovani si trasferiscono magari dalla Sicilia in Lombardia, restando comunque nel territorio italiano. A detta di alcuni, dopo la Brexit ci sarà un effetto dissuasivo che riguarderà le emigrazioni, ma per ora la meta più anelata dai giovani resta Londra.Il 20,5% di quelli che sono emigrati nel 2017 hanno infatti scelto questa destinazione. Una tendenza che è rimasta pressocchè invariata considerando gli ultimi 10 anni, che hanno visto il 19,3% dei giovani italiani che hanno lasciato il nostro Paese, emigrare verso Londra. Altro Paese ambito è la Germania, che offre ai giovani occasioni per “formazione” e offerte di lavoro.Altri scelgono la Svizzera e la Francia, Probabilmente anche per una questione di vicinanza geografica. Da notare che altri giovani vanno a cercare occasioni lavorative anche in Paesi extra-europei come Usa, Brasile o Australia, Canada, ma anche negli Emirati Arabi. Lo studio mette anche in relazione tra le motivazioni della fuga dei giovani all’estero, il sempre più crescente calo del livello demografico. Sta di fatto diminuendo la popolazione italiana. Una delle ragioni è che si fanno pochi figli: la media è di 1,32 per donna. Il bilancio tra natalità e mortalità è negativo da un quarto di secolo, col conseguente risultato che aumenta la popolazione anziana e calano i giovani.Nel 2038 le persone sopra i 65 anni d’età costituiranno circa un terzo della popolazione (31,3%). Sempre in base alle proiezioni Istat, ne deriverà un evidente squilibrio economico-finanziario, poiché aumenteranno i pensionati, ma ci saranno meno lavoratori. L’Italia si è “arricchita” di stranieri con una presenza stabile di circa 5 milioni e 200 mila presenze, rilevamento alla fine del 2018 (pari all’8,7% della popolazione). Un dato che offre stabilità sotto il profilo finanziario.Il saldo migratorio resta quindi positivo con +245 mila unità, ma i nuovi arrivi hanno composizione diversa rispetto al passato perché c’è una prevalenza di quelli che sono frutto del “ricongiungimento familiare”. Gli arrivi per motivi umanitari, sono invece stabili e sono quasi azzerati quelli per lavoro…Vedendo il fenomeno in generale, la prevalenza è di donne, pari al 52% e i Paesi di origine sono per la maggioranza dell’Est Europa (il 45% del totale). Infine, ad evidenziare che i primi immigrati sono qui da oltre 10 anni, è la nazionalità: 23% Romania, 8,4% Albania e 8% Marocco. Un ultimo dato importante riguarda i valori del 2018 è che i lavoratori stranieri sono stati 2 milioni e mezzo, pari al 10,6% degli occupati totali, e la ricchezza prodotta è stimabile in 139 miliardi di euro, pari al 9% del Pil. In altre parole: (quasi un punto percentuale del Pil) è dato dal lavoro dei cittadini stranieri immigrati nel nostro Paese. Mentre la Fondazione Leone Moressa ha stabilito che la “fuga” dei giovani italiani all’estero ci sia costata 16 miliardi di euro (oltre 1 punto percentuale di Pil). Uno sbilanciamento sfavorevole quindi, malgrado il “ricambio” con lavoratori esteri.Sarebbe stato opportuno in questi anni attuare politiche in favore del Lavoro, tese a trattenere i nostri giovani nei territori d’origine, piuttosto che far loro maturare il sentimento di cercar miglior fortuna e opportunità all’estero. I dati decennali c’è da aupicare che costituiscano monito per la Politica attuale affinché impari a preservare la ricchezza interna e per ricchezza deve essere inteso anche il patrimonio dei nostri giovani.
