MORIRE DI LAVORO

Ancora una volta ci si ritrova a parlare di morti sul lavoro. Numeri che lasciano attoniti chi li legge.600 vite spezzate, 600nomi, non solo numeri, 600storie di sogni, progetti, amori e famiglie che si ritrovano private dei loro affetti.A queste morti si aggiungono quelle di Matteo Demenego e Pierluigi Rotta che avevano 31 e 34 anni. Due colleghi della Polizia di Stato che prestavano servizio presso la Questura di Trieste. È stato così che ieri dopo aver fermato un individuo con disagi psichici, durante le indagini per un furto di motorino, i due agenti hanno perso la vita, Dopo aver strappato la pistola di ordinanza ad un agente forse a causa di “una distrazione fatale”, la persona fermata, ha fatto fuoco all’interno della Questura. Colpiti in modo grave, Matteo e Pierluigi sono morti. Anche un terzo agente è rimasto ferito in modo lieve, prima che il soggetto venisse bloccato. Matteo era di Velletri, ed era entrato in Polizia nel 2015. Pierluigi era di Pozzuoli, ed era in servizio dal 2012. Dopo un passato di calciatore professionista in serie C con la Puteolana, ha chiuso con il mondo del calcio, decidendo di seguire le orme del padre, anche lui ex agente. Entrambi erano fidanzati e sono morti durante il servizio, lasciando progetti e sogni da inseguire in pochi istanti, quelli che li hanno portati dalla vita alla morte. Forte l’onda emotiva, le reazioni, e quella sensazione di assurda fine che da ieri riecheggiano nei discorsi di tutti noi.Un’onda emotiva che coglie impreparati e che spesso, dopo i primi momenti viene quasi dimenticata.Troppe le promesse fatte a chi svolge un lavoro che mette in gioco la vita, pochi i riconoscimenti oltre che morali, retributivi, pochi quegli indennizzi che poco contano quando si muore così, in servizio ed al servizio dei cittadini. Quello delle morti sul lavoro, definite troppo spesso, ed erroneamente, “morti bianche”, di bianco non hanno proprio nulla, tranne l’attenzione mancata da parte di chi di dovere, i controlli poco e mal effettuati, la sicurezza non garantita. Lì si il termine bianco cade a pennello oltre che nella frettolosa dimenticanza. Un verobollettino di guerra, una sorta di mattanza quotidiana che finisce con il non fare piu’ notizia, perché a poco serve il cordoglio, se poi non si agisce al fine di migliorarle quelle condizioni lavorative in cui ci si ritrova quotidianamente ad operare. Il fatto è che nessuno dovrebbe ritrovarsi ad uscire di casa al mattino per recarsi a lavorare, con il rischio di non farvi ritorno la sera, e questa non è retorica ma, ahinoi, una triste realtà.Quella della troppe morti sul lavoro, dovrebbe essere una priorita’, un’emergenza per questo paese, dovrebbe rappresentare una situazione da risolvere quanto prima, ma da ciò che si evince, da ciò che continua ad accadere, ci rendiamo conto non essere così.Ci sonooperai che muoiono precipitando dai cantieri, altri schiacciati dai rulli delle presse, altri ancora folgorati da scariche elettriche, oppure sulle strade.Per tutti questi lavoratori ci vuole rispetto, quello che mancava e continua a mancare.Lavoratori che finiscono per essere considerati solo perché rappresentano profitto per le aziende che “carinamente”gli offrono un posto di lavoro, e che giocano con la loro pelle, molte, troppe volte, ma non vogliono sentirselo dire.Così, il mondo del lavoro dipendente si ritrova ad essere isolato, diviso, preso in ostacolo da una classe dirigente che cura solo gli interessi economici tralasciando quelli della sicurezza.I ritmi lavorativi diventano serrati perché si devono rispettare le commesse in chiusura, i macchinari devono andare ad ogni costo, ed anche le riparazioni degli stessi, qualora ve ne fosse bisogno, devono essere svolte nel minor tempo possibile.Tagliamo anche le pause lavorative, non più di dieci minuti, il più delle volte insufficienti per recarsi in bagno e bere un caffè.Ma questo non importa, non si vede, non si calcola, l’unica cosa a restare invariata è la retribuzione.Il tutto nel silenzio, all’inno di giù la testa e lavora, perché, con i tempi che corrono, sei fortunato ad averlo un lavoro.Con te o senza di te, poco conta:sai che fila che c’è nelle agenzie interinali…Così, poca o quasi nulla formazione, accettazione di flessibilità e turnazioni con orari impensabili, professionalità ed esperienza richieste, si lavora sei giorni a settimana in molti casi, tempo libero e famiglie azzerate, ma nessuna condizione per far sì che tutto ciò accada.Insomma un mix perfetto, micidiale, assassino. Un confronto sugli investimenti, sulla sicurezza, sulla salute dei lavoratori e sulla loro sicurezza, paiono richieste non degne di essere ascoltate.Si rende sempre più necessaria un’iniziativa del Governo che possa aumentare la prevenzione ed i controlli da far effettuare ai servizi ispettivi, ma anche questi ultimi vedono il numero dei lavoratori ridotto ai minimi termini. Infatti il personale Asl che si occupa di queste mansioni non è sufficiente per garantire un servizio ispettivo per il numero delle tante aziende che dovrebbe visitare.Il serpente che si morde la coda, nel mezzo restano le famiglie delle vittime che oltre al loro dolore devono adempiere alle pratiche burocratiche, sostenere processi in attesa di quella giustizia che non è mai giusta e spesso viene risolta con prescrizione o con pene irrisorie per i responsabili.Tutto questo avviene nel dolore, nella solitudine, nella distruzione di quelle stesse famiglie che vedono le morti sul lavoro proseguire indisturbate e rinnovano per ognuna di queste il loro dolore.Non cambia nulla o molto poco e troppo lentamente, ed oggi tra queste vittime si sono aggiunti anche Matteo e Pierluigi, al servizio di tutti noi, anche di quelli che devono fare qualcosa di concreto affinché tutto questo dolore cessi.Non parliamone per due giorni e poi basta, non facciamo accadere che l’indifferenza prenda il sopravvento, così li ammazziamo due volte, e questo accade già troppe volte ed in troppi casi di mala giustizia.Almeno questa volta, risparmiateci il finto cordoglio ed operate affinché questa assurda mattanza abbia fine.