ELEZIONI ARGENTINE: UN VOTO AL BUONSENSO PER ALBERTO FERNÁNDEZ CHE PASSA AL PRIMO TURNO

DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE A BUENOS AIRES “Altro che voto al populismo, un voto al buonsenso”, ripetevano in questi ultimi giorni di campagna elettorale i collaboratori di Alberto Fernández. E così è stato. Con il 48 per cento circa delle preferenze, il candidato del Frente de Todos è diventato, nella notte del 27 ottobre, presidente dell’Argentina, senza bisogno del ballottagio. Il tasso di affluenza alle urne è stato dell’81 per cento, 5 punti in più che alle primarie.Passa Axel Kiciloff come governatore della provincia di Buenos Aires, che comprende anche l’hinterland della capitale.Si riconferma governatore della città di Buenos Aires Horacio Rodríguez Larreta del Pro, lo stesso partito del presidente uscente Mauricio Macri. Un dato interessante: nella capitale, fortezza del Pro, Macri ottiene sì la maggioranza del 51 per cento, ma con una percentuale molto più bassa del suo compagno di partito Larreta (55 per cento circa). Come dire che è stato quest’ultimo a trascinare verso l’alto il presidente. E questo aprirà una questione interessante (leggi: voleranno i coltelli) sulla leadership del partito nel post-elezioni. Già i rapporti tra Macri e María Eugenia Vidal (presidente uscente della provincia di Buenos Aires) si erano raffreddati dopo le primarie (leggi: non si guardavano nemmeno in faccia), ora arriverà la resa dei conti.Migliaia di persone si sono radunate fuori della sede elettorale del Frente de Todos (nella foto): canti, balli, grida e lacrime di gioia hanno accompagnato l’annuncio dei primi dati.“Torna Cristina, abbiamo bisogno della sua forza” dice una donna alludendo a Cristina Kirchner, laex presidentache mesi fa aveva stupito tutti con la rinuncia a candidarsi alla presidenza riservandosi il ruolo di vice di Alberto, ex ministro di Néstor Kirchner che in passato aveva avuto con lei scontri durissimi. Sulla decisione, accompagnata da una campagna elettorale defilata, hanno pesato le cattive condizioni di salute della figlia Florencia, attualmente in cura a Cuba. Tuttavia il patrimonio di voti e la figura carismatica di Cristina hanno indubbiamente aiutato Alberto, senza con questo sottrargli le preferenze di chi non voleva votare Macri ma nemmeno lei, figura capace di catalizzare amore e odio assoluto. Sarà presidente del Senato, che conosce alla perfezione dato che attualmente occupa la carica di senatrice.“Finiscono i 4 anni peggiori della mia vita” afferma un’altra donna, tra le lacrime. “Oggi abbiamo riguadagnato il diritto a essere felici” aggiunge un militante.Per la notte è stata convocata una riunione della Banca Centrale, per affrontare la reazione dei mercati e contenere la corsa del dollaro.L’incredibile discorso di Macri ha rivendicato i grandi risultati della propria gestione, in particolare in campo economico. Il presidente ha affermato di lasciare il paese più sano e solido di come l’aveva trovato. Tutto questo davanti a milioni di argentini allibiti, consapevoli che se il debito estero, nel 2015, era pari al 41 per cento dei Pil, ora arriva al 91 per cento.Eletto il 27 ottobre – data simbolo perché anniversario della morte di Néstor, nel 2010 – Alberto inizierà il suo mandato il 2 dicembre, accompagnato da enormi aspettative. Ma il compito che lo aspetta è complesso e il margine di manovra a sua disposizione minimo. La sua posizione è molto più difficile di quella di Néstor Kirchner nel 2003, eletto quando gran parte del lavoro sporco post-default era già à stato fatto da Eduardo Duhalde, presidente a interim dal gennaio 2002 al maggio 2003. Nel frattempo il prezzo della soia continuava a crescere toccando i 600 dollari a tonnellata nel 2005 e i 500 nel 2008, consentendo al suo governo e a quello successivo di Cristina politiche sociali espansive. Alberto Fernández eredita un’economia al collasso, ma senza la deflagrazione del 2001: un elemento che aveva permesso a Néstor di prendere decisioni eccezionali praticamente senza che l’opposizione – all’epoca inerme – potesse intervenire. Mentre Macri ha passato le ultime settimane non tanto a cercare di rimontare, quanto ad avvelenare i pozzi. La variabile imprevedibile, per il presidente uscente, è stato il cambiamento dell’asse geopolitico sudamericano, con l’amico-alleato Sebastián Piñera politicamente indebolito, la vittoria di Evo Morales (malgrado la guerra delle cifre), la rivolta in Ecuador e le sparate di Jair Bolsonaro. (www.alganews.it/2019/10/26/argentina-al-voto-sudamerica-in-fiamme/)Alberto eredita il paese più indebitato al mondo. Paradossalmente il clima di rivolta che si è installato in Sudamerica potrebbe permettergli di negoziare con il Fondo monetario internazionale e concedergli un po’ di respiro e di spazio per politiche sociali a favore delle classi popolari e medio-basse, attualmente allo stremo delle forze.