QUANDO L’UMANITA’ NON CONOSCE ETA’. HA 90 ANNI LO CHEF DEI POVERI
Non esiste età per rendersi utili, spargere semi di umanità nel mondo e vedere questi semi trasformarsi in frutti che vanno raccolti e gelosamente custoditi. Il cibo per molti continua a rappresentare un problema, il momento storico, sociale e politico in cui ci troviamo a vivere, o a sopravvivere né danno testimonianza ogni giorno.La FAO l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura il 14 ottobre 2019 ha denunciato che il 14% del cibo presente nel mondo viene scartato diventando immangiabile, ancora prima di giungere nei negozi e nei supermercati. Si produce, si pubblicizza senza prendersi poi cura di quanti effettivamente abbiano ancora difficoltà a mettere insieme il pranzo con la cena.Si cerca di sensibilizzare indirizzando le persone, i cittadini del mondo al non sprecare.Sono quelle battaglie giuste ma che spesso hanno un effetto che non procede nel tempo. In tutto questo quadro di certo non consolante, a consolare l’anima c’è un novantenne che si chiama Dino,soprannominato lo Chef dei Poveri che da oltre 10 anni sfama più di 250 senzatetto e di poveri presso le stazioni ferroviarie di Roma. Dino Impagliazzo, è partito offrendo un caffè ad un senzatetto, un gesto casuale se si vuole, fino ad arrivare ad offrire un pasto a 250 persone ogni giorno. Nel suo progetto ( che non ha scopo di lucro) sono stati trascinati 350 volontari ed è arrivata a quota 27.000 il numero dei pasti che ogni anno vengono serviti. Dino, conosciuto a Roma come “lo chef dei poveri” ha avuto l’occasione di incontrare Papa Bergoglio, di salutarlo da parte di tutti i barboni di Roma e di invitarlo a servire la mensa dei poveri assieme a tutti loro. Quando viene a sapere che la mensa non porta da mangiare ogni giorno nella stazione ferroviaria si adopera chiamando amici, vicini di casa, fino a che questo passaparola si allarga coinvolgendo anche i conoscenti comuni che intendono dare una mano. E’ sua moglie Fernanda il suo primo aiuto, si inizia distribuendo panini, e gradualmente si arriva ad offrire pasti caldi, nel rispetto delle religioni differenti e delle preferenze di ognuno. Infatti mentre la metà dei poveri sono italiani, l’altra metà è proveniente da altre nazioni. Gli italiani hanno alle spalle storie sfortunate, persone che fino al giorno prima conducevano una vita normale, mentre oggi si ritrovano in strada a causa di un divorzio della perdita del lavoro. L’altra metà arrivano in prevalenza dall’Europa dell’Est e dal Nord Africa.Da pochi amici, si passa a centinaia. Come Racconta Dino Impagliazzo : “Acquistavo allora molti panini per poterli farcire per questi nostri amici senzatetto e il commerciante, notando tale quantità di pane, mi chiede per chi fossero. Gli risposi che i panini erano per alcuni senzatetto che vivono nei pressi della Stazione Tuscolana e che noi sfamiamo. Il commerciante da quel momento ci offre gratuitamente il pane per i nostri poveri e da allora è un nostro stretto collaboratore”. I volontari che aiutano Dino sono 350, lo fanno quotidianamente raccogliendo cibo presso i centri commerciali, la logistica, la preparazione e la consegna dei cibi. Dino è il presidente dell’Associazione RomAmor Onlus. E’ diventato in questo modo un po’ il papà di tutti ed ha costruito una rete di assistenza per i poveri e senzatetto ed anche un servizio mdi di istruzione. Si occupa inoltre di procurare alloggi per ospitare le persone che momentaneamente non hanno una casa. Recentemente insignito del Premio Cartagine 2.0, ha incontrato oltre a Papa Francesco anche il noto personaggio televisivo Chef Rubio che ha visitato la mensa di Dino, cucinando con lui.Queste storie sono quelle che ci insegnano a non vedere tutte le persone come gelide ed indifferenti rispetto a ciò che accade intorno a noi.Forniscono una luce nel buio di questi tunnel esistenziali in cui si può incappare ma che continuiamo a vedere come situazioni distanti da noi, perché si sa, nulla di ciò che accade agli altri riesce a coinvolgerci completamente fino a che non tocca noi.Queste storie ci insegnano che non esiste un età per mettersi a servizio di chi soffre, che il bene non ha limiti se non quelli mentali che volendo, si possono superare.
