VENEZIA MUTILATA DALLE MILLE PROMESSE TRADITE
Venezia è in ginocchio. Una delle città più belle del mondo, ancora una volta sta lottando disperatamente contro i drammatici effetti procurati dall’eterno e irrisolto problema dell’acqua alta. Si contano già due vittime. Questa la cruda realtà, la cronaca scarna di una tragedia che colpisce il Veneto e l’Italia intera.Questa volta però, non possiamo fermarci al racconto; vogliamo e dobbiamo mettere in chiaro la storia di una tragedia annunciata da decenni, il percorso che si dipana da ben oltre 40 anni senza essere ancora riuscito a fornire uno straccio di soluzione. Da codice rosso si è passati a intervento urgente, poi a soluzione da trovare in tempi brevi, e così andando avanti fino a diluire quella che doveva essere una corsa contro il tempo trasformatasi in un vergognoso lassismo, intriso di incuria e tempo sprecato nel trovare il modo di lucrare sulle sorti di una città che da troppo tempo ormai, corre sul filo del rasoio, con la spada di Damocle pendente sulla propria testa.Di fronte al dramma che stanno vivendo in questi giorni i cittadini Veneziani, ci sembra irritante e irriverente anche ricordare i nomi di quanti si sono presi gioco di loro, anche se sarebbe doveroso riprendere in mano il lungo dossier che pian piano, fin dagli anni 80, ci ha consegnato un altrettanto interminabile elenco di nomi e di evidenti responsabilità che vanno poi a legarsi a filo doppio con gli accadimenti odierni. Cominciamo a chiederci dov’è finito il famoso MOSE, la grande opera strutturale che avrebbe dovuto salvare Venezia dall’acqua alta; cerchiamo almeno di capire cosa sia(o forse sarebbe meglio dire, cosa dovrebbe essere). MOSE, sta per l’acronimo di MODULO SPERIMENTALE ELETTROMECCANICO; si tratta di un sistema composto da una serie di paratie mobili in prossimità delle bocche di porto della laguna in grado di potersi alzare, in caso di necessità, per limitare gli effetti della marea.In poche parole, è un sistema di dighe mobili messe a difesa della città.L’altra sua faccia della medaglia è quella di essere un’opera rimasta incompiuta malgrado siano passati ormai 16 anni dall’inizio dei lavori, SEDICI ANNI! Con l’aggravante di essere costata ad oggi, quasi 8 miliardi di euro; la grande opera più costosa della storia della Repubblica.Meglio non fare paragoni, meglio non pensare ad altre realtà, anche a livello mondiale, visto che Noi non siamo in grado di dare risposte ad eventi gravi, come invece è avvenuto in Cina, o negli stessi Stati Uniti, dove in un lampo sono stati ricostruiti gli edifici che ospitano il World Trade Center dopo il dramma delle Twin Towers!Qual’è il motivo che ci differenzia così vistosamente dal resto del mondo? Abbiamo fatto la rivoluzione prima di procedere con un’opera discutibile e discussa come la TAV; impieghiamo tempi biblici per ricostruire città devastate dal terremoto, però siamo capaci di vendere il fumo pensando a costruire un ponte sullo Stretto, meno capaci di salvare l’ILVA o di mettere in sicurezza la Liguria che ogni anno paga il suo prezzo alle piogge. Con Venezia abbiamo toccato il fondo. Indiscutibilmente incapaci di proteggerla dal rischio di un vero e proprio Ground Zero.Nessuno può negare che si tratti di una questione politica che si tramanda di governo in governo. Parlare di GRANDI OPERE senza prima affrontare le priorità è segno di debolezza, oppure di furbizia dai dubbi connotati. La risposta può facilmente essere trovata dagli stessi lettori; basta vedere il periodo di tempo al quale facciamo riferimento associandolo ai governi che sono stati in carica. Ed il gioco è fatto. Non dimentichiamoci che il MOSE rientra nelle “grandi opere” totalmente finanziate dallo Stato. A questo punto nessuno può criticarci se diamo uno sguardo più attento a dati e date, che mettono a nudo la vera dimensione del danno indirettamente provocato.Un temporeggiare che ha consentito l’apertura di corsie preferenziali e percorsi che hanno portato utili e guadagni a soggetti senza scrupoli.Nel 1985 viene dato l’incarico di progettare “la difesa” di Venezia e la salvaguardia della Laguna, al Consorzio Nuova Venezia – nato l’anno precedente – a cui si affida il progetto di Riequilibrio E Ambiente (REA).Nel 1992 il progetto viene ultimato e il MOSE ottiene via libera ottenendo nel 2002 l’autorizzazione a procedere; ma i veri lavori inizieranno solo un anno dopo, nel 2003.Dieci anni dopo, 2013, i magistrati Stefano Ancilotto, Stefano Buccini e Paola Tonini, grazie all’arresto prima e alla collaborazione dopo, di Giovanni Mazzacurati – per diversi anni presidente dello stesso Consorzio Nuova Venezia – riescono a ricostruire un quadro che rimanda a presunti quanto dubbi legami, tra imprenditori, esponenti politici e funzionari del MOSE, arrivando a chiedere l’arresto di 35 persone ed informandone altre 100.Inizia il valzer di nomi eccellenti, assai noti all’opinione pubblica. Ministri, parlamentari, imprenditori, ex presidenti di Regione e sindaci, finiscono sotto inchiesta e qualcuno viene raggiunto anche da provvedimenti restrittivi. Le accuse maggiormente contestate riguardano la corruzione, la frode fiscale ed il finanziamento illecito dei partiti. In seguito arriveranno anche le sentenze, come quella di due anni e 10 mesi patteggiata dall’ex presidente del Veneto, Giancarlo Galan, per anni sostenuto da Lega e Forza Italia; mentre ancora più severa risulta la condanna inflitta ad Altero Matteoli, ministro del governo Berlusconi e storico dirigente di Alleanza Nazionale. Abbiamo il dovere di ricordare questi particolari; dobbiamo farlo per far conoscere a tutti una realtà che poteva e doveva essere diversa se ognuno avesse fatto la sua parte con onestà e attenzione. Venezia è stata TRADITA, nelle speranze, nelle aspettative e nella fiducia che ha riposto nello Stato. Uno stato che non è mai un’entità invisibile ma risponde ai governi che lo amministrano.Dall’evento più tragico, quello del ’66, sono passati CINQUANTATRE anni senza che sia stata data una risposta concreta. Oggi non siamo lontani da quei livelli; la differenza si trova racchiusa in pochi centimetri che misurano il livello delle acque, mentre beffardamente si parla di problemi tecnici sopraggiunti al MOSE, tanto da imporre ulteriori verifiche tecniche che hanno lasciato ancora una volta mano libera alla furia dell’acqua alta.L’ultimo annuncio è stato dato nello scorso settembre e precisava che la consegna “chiavi in mano” della grande opera rappresentata dal MOSE, sarebbe avvenuta nel dicembre del 2021.Ma dov’è finito quel senso dello stato che spinge a ritmi di lavoro incessanti pur di prevenire possibili catastrofi?? La responsabilità non è da ascriversi al Consorzio Venezia Nuova, concessionario per la realizzazione del MOSE, quanto semmai a coloro i quali avevano il compito di esaminare lo stesso progetto, che poi hanno approvato consentendo il ricorso a tempi biblici di messa in opera del lavoro. In questi casi si chiedono garanzie sui tempi di realizzazione, si prendono impegni e s’impongono penali in caso di non rispetto di questi. Dov’era lo stato?? Dove sono stati i governi in questi anni??C’è rabbia, è vero; si avverte la sensazione di essere stati presi per i fondelli. Quando c’è uno stato di emergenza non si permette di eluderlo, si spinge semmai nella direzione di una massima celerità. Non è vero che “più di così non si poteva fare”. Abbiamo milioni di disoccupati per impiegare forza lavoro; contiamo su professionisti di prim’ordine e di intelligenze che ci vengono invidiate dal mondo intero. Perché non si è fatto ricorso a tutto questo per scorciare i tempi di attesa?? Perché quei 7 milioni di euro dati come buonuscita, come liquidazione, all’Ing. Giovanni Mazzacurati (SETTE MILIONI, alias QUATTORDICI MILIARDI delle vecchie lire) non sono invece stati investiti per cercare una via più breve??Saranno i cittadini, sarà chi legge a giudicare e dire se i nostri dubbi sono legittimi o meno. Resta il fatto che fino al 30 giugno 2020 non si potrà contare sul completamento degli impianti definitivi del sistema MOSE.CHISSENEFREGA se intanto Venezia affonda, se ci sono Persone che perdono la vita e capolavori artistici e architettonici, che tutto il mondo ci invidia, che vengono irrimediabilmente compromessi!E’ rabbia, certo; intrisa da delusione e sconforto. Venezia è la punta di un iceberg che rappresenta un modus operandi non più tollerabile. Il tempo, almeno per noi, è scaduto.
