APPUNTI PER UN NAUFRAGIO. ABISSO, DI DAVIDE ENIA

APPUNTI PER UN NAUFRAGIO. ABISSO, DI DAVIDE ENIA

“Ma quanto tempo ancora dovrai rimanere a preparare marmellata di arance in cucina, prima di accorgerti che dentro ti sta succedendo qualcosa?”.Erano tre giorni che Davide Enia, scrittore e autore di quello spettacolo teatrale straordinario che è “L’Abisso”, se ne stava lì, nel tinello, fingendo di preparare marmellata pur di sospendere il tempo. Dentro aveva un maremoto. era stato da solo a Lampedusa, aveva assistito al salvataggio di barconi di migranti. Aveva visto un bambino che cercava il padre sul molo e non l’avrebbe trovato più, sentito le storie all’hot spot. Cercato di dare una mano, e avrebbe voluto averne cento. Era rimasto sconvolto, impietrito.Mentre era a Cala pisana l’aveva chiamato la sua compagna, Silvia, da Palermo, e lui al cellulare le aveva raccontato concitato e in affanno cosa succedeva “fuori”, di quei bambini tenuti con le braccia in alto dai genitori, in mezzo al mare in tempesta, per non fargli bere troppa acqua, e lanciati dentro le navi, quando le navi “facevano in tempo”. Lei, la compagna Silvia, l’aveva interrotto: “si, Davide. ma tu – TU, come stai?”.silenzio.silenzio al telefono.Poi il ritorno di Davide a Palermo.i tre giorni in cucina, a fingere di preparare la marmellata di arance.con il maremoto dentro.la difficoltà a raccontarlo.e infine la domanda della compagna, evidentemente una buona compagna, una che sa fare “la” domanda e non lascia che le cose cambino senza parlare. “ma quanto tempo ancora dovrai rimanere a preparare marmellata di arance in cucina, prima di accorgerti che dentro ti sta succedendo qualcosa?”. Noi eravamo li, seduti nelle comode poltroncine del Piccolo teatro a sentire lo spettacolo – la storia vera di Davide, il suo personale Abisso – mentre a Lampedusa, ancora l’altro giorno, venivano recuperate nel mare cinque donne senza vita, “resto” di un naufragio, l’ennesimo. Man mano che Davide sul palco parlava, tornavo indietro nel tempo a me stessa, ad agosto, quando ero a Lampedusa e scendevo più o meno nello stesso Abisso – Cala pisana, i migranti recuperati tra le onde grosse, i ragazzini sul sagrato della chiesa, le storie all’hot spot, il tentativo goffo di dare una mano, volendo averne almeno cento. per aiutarli. per aiutarci. Anche io sono stata tanto in silenzio, “dopo”, a preparare marmellata d’arance.