ASSASSINIO AL CONSOLATO: SIAMO ANCHE NOI COMPLICI DEI SAUDITI

Il ministro saudita Jubeir, ospite a Roma al Med, ha sostenuto che l’assassinio del giornalista Khashoggi è stato un “errore”. Un libro-inchiesta di Rugman, recensito dal Financial Times, dimostra che c’è stato un ordine diretto del regime. L’Occidente è complice della versione di Riad per puri interessi economici, armi e petrolio. Fino a quando dovremo sopportare menzogne sull’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi, torturato, ucciso e fatto a pezzi nel consolato saudita di Istanbul?Anche l’altro giorno il ministro degli Esteri saudita Adel al Jubeir, ospite a Roma dei Dialoghi sul Mediterraneo di Roma, ha sostenuto che “è stato un errore, un’operazione non autorizzata, lo stato saudita non uccide mai i suoi cittadini”.Una bugia grande come una casa: Khashoggi è stato ucciso su preciso ordine del principe ereditario Mohammed bin Salman, come dimostra anche un’inchiesta del giornalista Jonathan Rugmam, recensito sia dal Guardian che dal Financial Times.“The Killing at the consulate”, Assassinio al Consolato, il libro di Rugman, corrispondente in Medio Oriente per alcuni decenni, è un meticoloso resoconto _ scrive il Financial Times _ del coinvolgimento diretto della casa reale saudita nel barbarico omicidio di Khashoggi. L’Arabia Saudita è una monarchia assoluta in mano a una famiglia, i Saud, che sono anche i migliori clienti di armamenti degli Stati Uniti e del mondo occidentale e che il prossimo anno ospiterà anche il G-20, un vertice al cui successo lavorano, profumatamente pagati, consulenti europei e americani che passano anche per essere degli “analisti indipendenti di politica internazionale”. Quando li ascolti parlare sembra che l’Arabia Saudita, un regno oscurantista dove non si fa mai un’elezione, sia diventato il paradiso del Medio Oriente: pensate, dicono, che donne e uomini possono andare allo stadio insieme, che le signore adesso possono guidare anche l’auto e che i sauditi adesso “lavorano pure”, dopo avere passato decenni a grattarsi la pancia sprofondati sui petrol-dollari.Si capisce molto bene perché si insiste nel cercare di sviare le indagini sulla morte di Khashoggi: ci pagano per farlo. E questo nonostante le intercettazioni dimostrino chiaramente che il braccio destro del principe Mohammed abbia diretto tutta l’operazione. In un’intercettazione presa al consolato saudita si dice tra l’altro: “Il lavoro è stato fatto, dillo al tuo capo”. Peccato che l’interlocutore, Saud al Qathani, il braccio destro del principe che fece la supervisione dell’assassinio, sia scomparso pure lui. E’ così che si fanno le indagini a Riad.Il 2 ottobre Jamal Kashoggi entrò al consolato saudita di Istanbul per chiedere un documento che comprovava il suo divorzio, fuori lo aspettava la fidanza e promessa sposa Hatice Cengiz. L’omicidio è durato circa sette minuti e lo specialista forense Salah Muhammed al Tubaigy tagliò a pezzi il corpo di Khashoggi mentre il giornalista era ancora vivo e lui e i suoi colleghi ascoltavano musica. Khashoggi fu trascinato nell’ufficio del console generale Mohammad al Otaibi dove Tubaigy iniziò a tagliare il corpo del giornalista su un tavolo nello studio, lamentandosi che “lui era abituato a sezionare cadaveri congelati all’obitorio non caldi”. I pezzi sono poi finiti chissà dove forse nel Bosforo e nel Mar di Marmara.Non ci fu nessun tentativo di interrogarlo: una squadra di killer era venuta per ucciderlo. Lo hanno ammazzato perché Khashoggi, che scriveva sui giornali americani, ormai dava troppo fastidio: le sue critiche al regime saudita erano tutte giustificate ma quello che non sopportavano a Riad era che in passato avesse lavorato per loro. Così lo hanno fatto fuori per inviare un messaggio anche agli altri dissidenti che potrebbero un giorno cominciare a rivelare le malefatte dei sauditi, le stragi in Yemen, il coinvolgimento dei sauditi nel sostegno ai jihadisti e negli attentati terroristici degli anni passati, tra cui anche l’11 settembre 2001.E noi che facciamo? Ospitiamo il ministero degli Esteri saudita che dice soltanto menzogne perché anche l’Italia, come la Francia, la Gran Bretagna e gli Usa, ha importanti affari con Riad e per anni ha venduto le bombe fabbricate in Sardegna e destinate dall’aviazione saudita per colpire migliaia di civili in Yemen. Anche questi sono posti di lavoro. E’ così che si fa il “dialogo del Mediterraneo”: riciclando e dando un’immagine accettabile a dei massacratori. A questo servono oggi la diplomazia occidentale o la Nato: a distribuire licenze commerciali per vendere armamenti e anche licenze di uccidere con l’impunità incorporata. Se un giorno la democrazia dovesse svanire in Europa e in Italia sapremo dire anche come è cominciata: con la resa quotidiana ad autocrati e dittatori di cui siamo complici.