UOMO FORTE? C’ È GIÀ IL TORERO

Avevo sedici anni e a Barcellona assistetti alla corrida. Non farò una speculazione filosofica sulla crudeltà o sulla tradizione dello ” spettacolo”. Non adesso. Non qui. Ma oggi, come allora, pur con la sensibilità dell’adolescente, mi è venuto in mente un parallelismo. L’ arena. Assolata di sole morente, nel tramonto che dà mestizia dentro un silenzio già greve preludio di violenza… impregnato dei colori del sangue. Sabbia gialla splendente. Pulita. Folla ad assiepare gli spalti. Io fra la gente in un caleidoscopio di colori e di lingue. Il vocio lentamente a spegnersi. Poi un cancello si apre. La musica e il suono delle nacchere a rimbalzare nel perfetto cerchio dell’arena nelle pareti e dentro i cuori: inizia lo ” spettacolo”. Duemila anni di Storia e io ero fra quelli che dentro un’arena tifavano per la vita o la morte di un essere vivente uomo o bestia, che importanza ha? L’ animale è superbo. Nero, grande, fiero. Già ferito nell’ orgoglio. Sul dorso bandierine colorate. Che meraviglia! A svolazzare nel sole e ad ogni svolazzo una stilla di sangue sulla sabbia dorata! La Vita dentro i miasmi di morte perché sai già che sarà così, eppure guardi affascinata. Entrano al suono delle nacchere e delle chitarre girane i banderillos. Evoluzioni spettacolari a confondere la belva a pungolarla nel corpo e forse, anche , nell’ orgoglio. Poi i picadores. Una lunga lancia. Come stuzzica le carni quel tarlo conficcato! Il toro si incazza proprio. Iniettati di rosso ha gli occhi . Dov’ è il pio bove? Dove l’ animale pungolato? Adesso vuole bere lo stesso sangue che sgorga da se stesso. E mentre il pubblico , novello Nerone, applaude la musica diventa assordante. Le note di El Toreador si espandono nell’arena dentro il tramonto. Di chi? Di cosa? Di un sole rosso sangue? Di un animale? Dell’umanità? Della pietà? Fa il suo ingresso il torero. Immaginate l’ effetto sulla psiche di una giovane donna che si affaccia ai languori della vita. Egli appare eroico, il cavaliere contro il drago. Che importa se il toro già sta rendendo l’anima ai suoi dei? Se si muove solo perché ancora il suo cuore pompa linfa? Come tiene bene il drappo rosso! Come si muove elegante e spavaldo! Come tiene la spada. Quella che finirà la belva. Cade in ginocchio il toro. Rossa è la sabbia dell’arena. Pollice verso decreta il pubblico. Anche io. Un colpo solo. Spacca il cuore. Non c’è onore ai vinti per lui. Le orecchie gli vengono mozzate e lanciate fra il pubblico in visibilio che sventola euforico fazzoletti bianchi. Oggi mi è venuta in mente questa mia corrida. Oggi che tanti toreri invadono la scena. Oggi, nel Natale povero di tanta gente, nell’ arena del vivere in cui i toreador si susseguono e i picadores sono tanti a dissanguare, a umiliare, a infierire e …a finire. E non è mai un colpo solo . Agonia lenta per cuocere la dignità a puntino, a fare in modo che sia il toro a chiedere la fine , una liberazione dai ceppi della schiavitù vestita da civiltà. Capita poi…mentre il drappo rosso balugina davanti agli occhi iniettati di sangue , mentre i tamburi incalzano così come incalza il cuore, mentre la spada luccica nel sole, che le banderille pungolino la memoria… I ricordi divengono vitamine guaritrici. Il rammentare chi siamo stati, diviene sprone, energia, vigore, passione.E … qualche volta…finisce che il toro infilza il torero!