SULL’ATTACCO IN NEW JERSEY

La nostra società racchiude ormai molte forme di violenza: politica oppure innescata da cause “personali”. In un intrecciarsi di modus operandi, dinamiche e tattiche copiate, emulate, riprodotte a ogni latitudine. Pochi giorni fa in New Jersey una coppia, armata fino ai denti, ha ucciso quattro persone: prima un agente vicino ad un cimitero, quindi tre civili in un negozio kosher. Successivamente i killer sono stati colpiti a morte dopo uno scontro a fuoco.Ora l’Fbi ha classificato questo episodio come “terrorismo interno”. Passo inevitabile, visto che gli assassini hanno agito in nome dell’anti semitismo, comportandosi esattamente come i militanti dello Stato Islamico o di quelli neonazisti. David Anderson, ex militare con precedenti penali, e la sua compagna Francine Graham – questi i nomi degli assalitori – simpatizzavano per il Black Hebrew Israelite, movimento animato da micro-fazioni che non riconosce alcuna legittimità agli ebrei “bianchi”. Ma non è certo un legame reale con questa sorta di setta. Nel corso, delle indagini, comunque, sono stati trovati testi pieni d’odio verso le comunità ebraiche tradizionali e la polizia. E’ una sovrapposizione inquietante, simile a quella riscontrata in altri attacchi di segno diverso. Chi spara si sente in guerra, ha target più o meno definiti, colpisce simboli religiosi ma anche uomini in divisa. Sono “operazioni” dove non c’è solo l’attentato, ma anche una spiegazione affidata ad un testamento. In modo che altri possono ispirarsi e ripetere il gesto, senza bisogno di un ordine.