IN COSA CONSISTE ESSERE DI DESTRA?
In che consiste essere di destra? Dio, patria e famiglia? In teoria sì, in pratica oggi si riduce a poche cose, tra queste la libido dello schizzare fango contro quello che bollano come il “politicamente corretto”. Il massimo del godimento per uno di destra sembra essere il chiamare “handicappato” un disabile, “cieco” un non vedente, “sordo” un non udente, “frocio”, “checca”, “busone” un omosessuale, “negro” un uomo di colore. Ad uno di destra l’uso di unlinguaggio rispettoso appare una forma di “buonismo” che non rispecchia la vera natura dell’uomo, fatta di istinti anche brutali ma sani, e chi la osserva è classificato come “ipocrita”. Perché? Intanto perché questa è l’eredità del fascismo, poi perché in questo modo a destra ritengono di essere più vicini a quello che credono sia il linguaggio del popolo, schietto, diretto, diverso da quello involuto delle élite. E infine perché la destra resta allergica alle minoranze e ai suoi diritti. Anzi è proprio allergica ai diritti in generale. Quello che infastidisce la destra infatti è che qualcuno, portatore di una debolezza, di una fragilità, di una diversità, condizione tipica di una minoranza, possa accampare pretese, reclamare rispetto. Vi è in questo un chiaro riflesso della originaria contrapposizione alla classe operaia, la ratio essenziale dell’esistenza della destra moderna, ma dentro vi scorrono anche i veleni del razzismo. La destra contemporanea, che dal fascismo non sembra volersi emancipare, è intrisa infatti di quel razzismo che continua a rintracciare nel caos della storia una trama fatta di civiltà e nazioni in lotta tra di loro. Una lotta che a destra appare naturale e perciò immodificabile per via culturale. E dove deve prevalere la civiltà migliore, la nazione più potente, la razza superiore. Perché alla base di quella destra che vomita fiele contro il politicamente corretto non c’è altro che un brutale darwinismo sociale. Una giungla dove domina un ferino “homo homini lupus” e dove non c’è posto per alcuna debolezza e fragilità.
