UN VIAGGIO NEL QUARTIERE SAN BASILIO, A GUIDARCI DOMENICO IANNACONE

UN VIAGGIO NEL QUARTIERE SAN BASILIO, A GUIDARCI DOMENICO IANNACONE

Ci vuole tempo, per lasciare che tutte l’emozioni, dopo una puntata di “Che ci faccio qui”, trovino spazio nella nostra anima. Io l’ho guardata più volte, ho fermato dei passaggi per respirare e comprenderne il senso, per avvicinarmi al loro dolore, alla forza ed all’orgoglio di quelle storie raccontate sottovoce, ma anche talvolta urlate come una filastrocca senza accordi.Domenico Iannacone, ha visitato il quartiere San Basilio a Roma, lo ha attraversato a piedi lasciandosi guidare da Davide, Fabrizio, i fratelli Menelik, Alessandro, nonna Franca ed ha lasciato che le loro parole, i loro gesti raccontassero il coraggio e le difficoltà di una vita “sbagliata” e poi ripresa.Davide è nato lì, quando aveva solo 15 anni in quelle strade, in quelle piazze, in quei giardini abbandonati, ha incontrato la droga. Uno spinello con dentro l’eroina e poi lo sballo, l’eccitazione di esser grande, il senso di onnipotenza. Diventare spacciatore una “necessità”, entrare ed uscire dal carcere un rischio preventivato.Quando Davide parla di suo padre, cambia sguardo. Lui faceva il muratore, poi un giorno ha deciso che invece di alzare muri, poteva romperli, distruggerli e scassinare banche, caveau. Quando Domenico gli chiede se era bravo, Davide non ha incertezze “Era bravo? Mai un giorno di galera certo si, era bravo!”.Sul suo collo, nascosta da una sciarpa, c’è una svastica tatuata, “un errore di gioventù…” ma quel simbolo è davvero troppo, per la prima volta Domenico Iannacone non riesce a nascondere la sua disapprovazione, quel simbolo deve sparire. Prima di salutarsi riesce a strappargli una promessa, quella svastica andrà via.Anche Nonna Franca, conosciuta da tutti come “la guerriera”, due mesi a Rebibbia, poi ai domiciliari, lo sfida con lo sguardo ed orgogliosa e fiera ripete: “So di San Basilio…embé”. Un quartiere che diventa un marchio, un quartiere che diventa una medaglia.Quando incontra Fabrizio, le emozioni si fanno tangibili. Anni passati fra Rebibbia e Regina Coeli, poi un incidente in moto, un mese di coma e la rinascita. “Noi abbiamo una sorte di missione…ho visto gli Angeli…ho visto cose bellissime…la legge umana è più dura, quella Divina ha già perdonato.” Ha tre figli e per loro ogni giorno scende in strada con un carrettino: d’estate vende granite, d’inverno arrosticini di carne. Quando suo padre è morto ha scoperto di non essere suo figlio: “Per questo gli ho voluto ancora più bene”. Una scoperta trasformata in lezione d’amore. Sogna un futuro normale, sogna un futuro da vivere. “Vorrei sistemarmi…vorrei che qualcuno dicesse: Te lo meriti, alla fine si può sbagliare ma poi…”Forse in quel momento ha pensato proprio al perdono Divino, forse in quel momento, quella lacrima scivolata in fretta era proprio la carezza che aspettava.Un ex locale adibito a meccanico si apre alla musica. Domenico si ferma da Alessandro D’Orazi, un cantautore che della sua passione ne ha fatto una missione. La “Piazza del Sol”, è carica di colori di luci, di vita. Alessandro con dolcezza mista a commozione racconta di quelle storie trasformate in canzoni. Racconta dei bambini che raccoglie per le strade ed a cui cerca di offrire un futuro protetto e di quelli che si perdono per mancanza di fondi, di aiuto. Mostra dei cartoncini, su ognuno è impressa la storia di un viaggio alla ricerca della propria “Itaca”, con un sorriso dice di quanti l’hanno trovata, poi abbassa gli occhi e ricorda quelli che la stanno ancora cercando: “Piazza del Sol è un simbolo, qui c’è la luce andiamo via dal buio…vogliamo sollevarci.”I fratelli Menelik, si avvicinano a Iannacone con tutto il loro dolore, racchiuso in un crescendo di parole, di stornelli, di risate, di lacrime. Non vedono i loro figli da un anno, vorrebbero anche solo un minuto per poterli riabbracciare, per raccontargli dove vivono, su una panchina, per strada. E’ un passaggio difficile anche per Domenico, nei suoi viaggi in giro per l’Italia, di dolore ne ha respirato tanto, ha visto la povertà, la disperazione, il peso degli errori, riuscendo però sempre a trovare quell’anima buona nascosta in ognuno di noi e ad accendere quella fiammella d’amore, quella speranza di vita per un futuro mai dimenticato, perché trovare la propria “Itaca”la meritiamo davvero tutti.