ALLE SARDINE RIMPROVERANO DI NON AVERE UN PROGRAMMA
Alle povere Sardine rimproverano di non avere un programma, come se non fosse grandiosamente programmatica la loro misteriosa propensione all’educazione. In entrambi i sensi della parola:correttezzanei comportamenti e rispetto per gli altri, ma ancheistruzione, scuola, cultura. Sul primo dei due versanti del vocabolo veniamo da anni di degrado e imbarbarimento del linguaggio,cioè del ragionamentoprima ancora che delle parole dette o scritte. Quindi di fatto le Sardine si prefiggono una vera e propria rivoluzione:sottrarre l’egemonia culturale agli arroganti, agli insolenti, ai cafoni. Dev’essere per questo obiettivo – effettivamente un po’ lunare – che i ragazzi in piazza vengono definiti utopisti. Sul secondo versante, poi, il rovesciamento sarebbe ancora più radicale, visto che da trent’anni il mainstream vuole che sculettare davanti a una telecamera sia meglio che imparare,apparire meglio che essere, e comunque “io non prendo lezioni da nessuno” (così restando, è logico, ignoranti per sempre). Intanto il possibile ritorno all’educazione come valore è visto con molto sospetto dai miei coetanei boomers, che in effetti qualche responsabilità nella sua sparizione ce l’hanno (ce l’abbiamo), né è educatissimo il fatto che si sia lasciato ai figli un Paese in declino e un pianeta in estinzione – per non dire di precarietà e pensioni. Ecco, forse è proprio da tutto questo passato e presente chele Sardine si vorrebbero e-ducare, nel senso etimologico del termine: portarsi fuori. Se non altro per istinto di sopravvivenza, dato che – come diceva Asimov –il futuro o sarà educato o non sarà.
