STORIA DI FLAVIA, QUANDO L’INTEGRAZIONE INFONDE FIDUCIA E CORAGGIO
a me fanno simpatia quelli che riescono ad esprimere la rabbia, e poi vanno avanti. Flavia nel 2018, a 23 anni, resta coinvolta in un incidente stradale che la costringe in carrozzina, con gambe braccia e mani immobili. Vive per un anno all’unità spinale del Niguarda, con dolorosissime fisioterapie, e una volta fuori, invece che implodere, coi soldi dell’assicurazione pensa agli altri. *****“Del mio fisico ho perso tutto quello che mi piaceva di più. La velocità delle gambe, la possibilità di abbracciare, di dare la mano, di scrivere, di svolgere il mio lavoro. Ma testa e cuore li ho tenuti stretti. Con quelli voglio rendermi utile agli altri”. Una ragazza di 24 anni rimasta tetraplegica per un terribile incidente, dopo quasi un anno di ricovero all’unità spinale del Niguarda, ricomincia a vivere “dicendo al mondo che io esisto ancora”. Reinveste il risarcimento dell’assicurazione mettendo in piedi una sala giochi 2.0 per disabili che inaugura a Capodanno in via Tortona e una fondazione per aiutare il reparto dell’ospedale dove ormai si sentiva a casa. “Sembrano piccole cose e non lo sono – spiega Flavia Di Lorenzo -. Ad esempio, hanno una sola stampante 3D per produrre utensili su misura che ci aiutano a vivere meglio. Io ho visto quanto servono, con un coltello speciale ho ripreso a mangiare da sola. Oppure, esistono guanti nuovissimi, hi-tech, che costano 9 mila euro: l’ospedale non può permetterseli ma potrebbero fare la differenza nella fisioterapia”. Riavvolge il nastro, la ragazza, riccioli rossi e scapigliati e sorriso ironico che non l’abbandona. Torna alla notte del 20 maggio 2018. Qualche tempo prima si era trasferita da un paesino dell’Abruzzo per raggiungere a Milano il fidanzato, lavorava come impiegata in una ditta. “Era un sabato come tanti, tornavamo a casa tardi dopo un concerto. I semafori lampeggiavano, un’auto con altri ragazzi non ha rispettato lo stop e ha travolto in pieno la nostra Enjoy”. E’ lei ad avere la peggio. “Ero lì per strada, completamente paralizzata. Mi sentivo in un cubo di ghiaccio, immobile, fredda, i pugni chiusi, le gambe e le braccia irrigidite e un dolore lancinante che arrivava da dentro”. La sua vita in quell’istante è cambiata e non c’è stato nulla da fare. “Sono stata operata alle vertebre. Una delle prime cose su cui hanno voluto rassicurarmi appena mi sono risvegliata è che potrò comunque avere dei figli. E ci mancherebbe, perché a 24 anni hai tutta la vita ancora davanti, le esperienze da fare. Io volevo viaggiare, lavorare, sciare come avevo sempre fatto … ”. Non abbassa mai lo sguardo Flavia, neanche quando dice: “A volte mi viene una rabbia che spaccherei tutto, perché non è giusto”. Ha ragione, è difficile trovare un senso a quel suo calvario, ma lei non ha smesso di provarci: “Per quasi un anno ho fatto tutti gli esercizi di fisioterapia in modo quasi maniacale, covando la speranza di ricominciare a muovermi. Ma dopo un po’ le lesioni si stabilizzano e non ci sono margini per cambiare le cose – sospira -. Tra mille difficoltà cerchi di imparare di nuovo a mangiare, a vestirti. Io ho un sogno, recuperare un po’ di mobilità delle mani, ma so che non posso”.Quanto al progetto della sala giochi, all’inaugurazione di Capodanno ci sarà una raccolta fondi. Ne servono, oltre ai 40 mila euro già investiti da Flavia con Stefano, Giovanni e Dario, gli altri soci della fondazione che hanno chiamato BeOn. “Vorremmo videogames e visori di realtà virtuale che ci facciano immaginare dall’altra parte del mondo a correre, saltare, sciare. I giochi simuleranno movimenti del corpo, potrebbero essere utili anche alla fisioterapia”. L’idea è stringere un accordo con qualche Croce che trasporti ragazzi in quel centro di aggregazione “invece che farli stare da soli a casa, con il computer”. L’isolamento alimenta la paura di non farcela, chiude Flavia: “L’integrazione al contrario infonde fiducia e coraggio”.
