A PROPOSITO DELLE NOZZE DI ERIKA DE NARDO
La notizia: Erika De Nardo, quella di “Erika e Omar”, si è sposata. È fuori dal carcere e si è rifatta una vita. La mia reazione: ah, ok. (C’è speranza, in fondo, il carcere può anche riabilitare, gli psichiatri hanno fatto un buon lavoro, che bravo il papà che le è comunque stato vicino, chissà che vita complessa, comunque). Bisogno di commentare la notizia: no. La reazione del web: che schifo, avrebbe dovuto marcire in galera; come si fa a riabilitare una così; come fa il marito a dormire con una che ha massacrato la madre e il fratellino; doveva uscire dalla galera in orizzontale. Queste notizie le prendo così, prendendo nota. Non mi provocano giudizi di merito e, se lo fanno, quasi mai in negativo. Quello che non faccio mai è commentare. A quale pro, poi? Con quale diritto? Se fossi stata una parente delle vittime, magari avrei avuto voce in capitolo o avrei sentito il bisogno di commentare ma no, non è questo il caso, grazie a Dio.Quello che mi lascia sempre esterrefatta, non è la pesantezza del giudizio, ma il bisogno di esternarlo e di farlo con violenza. Perché? A chi serve? A chi è utile? Forse solo alla persona che lo fa che, così, sfoga rabbia, frustrazioni, invidie e miserie.Altrimenti, non me lo spiego.
