TEHERAN, LA REAZIONE DOPO UCCISIONE SOLEIMANI:«CI VENDICHEREMO NEL MOMENTO E LUOGHI OPPORTUNI»

TEHERAN, LA REAZIONE DOPO UCCISIONE SOLEIMANI:«CI VENDICHEREMO NEL MOMENTO E LUOGHI OPPORTUNI»

La reazione ufficiale di Teheran all’uccisione di Qasem Soleimani è classica: ci vendicheremo «nel momento e nel luogo più opportuni». Formula che non vincola. Possono agire subito oppure tra un mese. L’Iran preferisce da sempre il confronto asimmetrico perché riduce il vantaggio del nemico storico, gli Usa. Ha alleati e determinazione. Dunque prese d’ostaggi, attacchi di gruppi sciiti, cellule in sonno. Senza, però, sottovalutare l’arsenale. Missili, operazioni speciali, sabotaggi.Gli osservatori hanno indicato i possibili rischi. Dal blocco delle rotte del petrolio a incursioni cyber, da incursioni contro le basi statunitensi ad un target in carne ed ossa. Il passo successivo è la guerra e non uno scambio ravvicinato di colpi per chiudere il duello.Gli iraniani dovranno trovare la loro vendetta senza ritrovarsi in una situazione ancora più difficile. Non hanno da guadagnare da una crisi totale che coinvolga ancora di più l’Iraq, il Libano, la Siria, Israele e il Golfo Persico. Tanto più che c’è fermento anche all’interno dell’Iran. Ma siamo in una regione dove contano i simboli, la percezione, la deterrenza. Curi le ferite e valuti la prossima mossa. La stessa fine dell’alto ufficiale segnala l’imprevedibilità del confronto e alimenta molti scenari.Soleimani riassumeva molte funzioni, non sarà agevole rimpiazzarlo con il suo numero due, ufficiale peraltro esperto. Autorizzava operazioni segrete, muoveva pedine, sviluppava una diplomazia parallela. Amava le ombre, però non si nascondeva. Innescava i suoi uomini, appiccava il fuoco e si presentava per garantire che non sarebbe successo di nuovo oppure che sarebbe stato ancora più serio. La doppia provocazione del tiro di razzi contro un’installazione Usa a Kirkuk e l’assalto all’ambasciata Usa a Bagdad hanno preparato il terreno reso già fertile dal contrasto storico con il Grande Satana, tra la fine dell’intesa nucleare voluta dalla Casa Bianca, le sanzioni economiche, le manovre.Il suo sistema ha funzionato per anni, portando in dote a Teheran influenza nell’area, rapporti, appoggi. Ma il generale è rimasto spiazzato dalle proteste estese in Libano e Iraq, paesi dove è stato spesso lui a manovrare. I contestatori hanno preso di mira i governi e l’eccessivo peso dei khomeinisti, padroni in casa altrui. Il «regista» non ha compreso che proprio la funzione di snodo insostituibile lo ha trasformato nell’obiettivo ideale per The Donald, presidente alle prese con guai interni e noto per rompere le regole.Probabilmente Soleimani si considerava coperto dall’immunità, aveva tante volte incrociato gli americani in Iraq e non lo avevano toccato. Oltre un anno fa, in un intervento ricordato da The Guardian, si era rivolto così a Trump: «Ti avverto, siamo vicini a te in luoghi dove tu non puoi immaginare…Tu inizierai la guerra, ma saremo noi a finirla».