UNO BIANCA. PERMESSO PREMIO PER UNO DEI CARNEFICI

UNO BIANCA. PERMESSO PREMIO PER UNO DEI CARNEFICI

26 anni fa, nel 1994, venne messa finalmente fermata e sgominata la banda della Uno Bianca, che aveva portato il terrore in Italia nel periodo compreso tra il 1987 ed il 1994. Una banda armata, composta da 5 persone più un altro complice, con ruoli minori. Una organizzazione criminale che portò a compimento 103 azioni criminali, uccidendo 24 persone e ferendone in totale 102. Persone senza scrupoli i personaggi della Uno Bianca, e 5 di loro sono poliziotti, ma la divisa non viene vista da loro come qualcosa da indossare con orgoglio, semmai usandola per coprirsi le spalle. I fratelli Roberto, Fabio e Alberto Savi sono le tre menti, i tre capi, ed a loro si uniscono Marino Occhipinti, Pietro Gugliotta e Luca Vallicelli. Solamente Fabio Savi non apparteneva alla Polizia, ma non certo perché non avesse tentato quella carriera, in quanto fu un difetto alla vista ad impedirgli di far parte delle forze dell’ordine. La banda iniziò con il rapinare i caselli autostradali nella zone compresa tra Marche ed Emilia Romagna, ed in 2 mesi furono circa 13 i caselli depredati. Poi si passò alle estorsioni, e durante un tentativo di recupero di riscatto, venne ferito il sovrintendente di P.S. Antonio Mosca, che morì dopo circa 1 anno di sofferenze. Il primo morto per mano della banda. Seguirono tre guardie giurate, e poi si passò ai carabinieri. Nulla fermava quelle belve, nessuno scrupolo mentre il piombo veniva vomitato dalle loro pistole, nessun rimorso durante e dopo i colpi, e così morirono un pensionato di 52 anni, poi un testimone, due persone che vivevano in un campo nomadi, un commerciante, ed ancora carabinieri, in quella che divenne nota come “la strage del Pilastro”, un quartiere di Bologna. Una strage nel senso letterale del termine, con i corpi di tre carabinieri crivellati di proiettili, per essere poi finiti con un colpo alla nuca, in puro stile mafioso. Poi altri morti, alcuni benzinai, poliziotti, commercianti, operai, automobilisti colpevoli solamente di aver osservato i colpi per caso, direttori di banca. Solamente nel 1994 si arrivò all’arresto dei componenti della banda, e dopo 2 anni di processi furono comminate le sentenze di ergastolo per i fratelli Savi e per Marino Occhipinti, mentre per gli altri furono emesse pene minori. Inoltre lo Stato venne condannato a pagare 19 miliardi di lire ai parenti delle vittime. Tutto doveva considerarsi concluso, ma così non è stato, perché il dolore dei parenti sembra non avere molta importanza per i magistrati, e così già nel 2018 venne scarcerato Marino Occhipinti, ergastolano che, secondo il suo avvocato, ed anche secondo il tribunale del riesame, aveva riesaminato con occhio critico il proprio passato. Lungi dal voler commentare una sentenza, non ci si può però non chiedere quale occhio critico possa aver dimostrato, dopo, chi in precedenza non ha mostrato alcun senso morale, alcun rispetto della vita altrui, perlomeno questo è il pensiero di alcuni familiari delle persone uccise dalla gang criminale, e nessuno di loro sembra incline al perdono per questi soggetti. Però Occhipinti ha solamente dato il via ai rilasci, alle valutazioni positive, in quanto nel dicembre 2019 è stato Alberto Savi a lasciare il carcere in cui si trovava, per una vacanza premio, per fargli trascorrere il natale in famiglia, con la nuova compagna, conosciuta mentre lavorava per una cooperativa all’interno del carcere di Padova. Tutto bello, il recupero dei criminali, nuova speranza che germoglia, ma l’associazione dei familiari e delle vittime, tramite la portavoce Rossana Zecchi, ha espresso serie riserve su questo permesso, asserendo di portare avanti una battaglia contro i mulini a vento, dichiarando inotlre che molte persone la chiamano perché hanno il timore di incontrare uno di questi personaggi per strada. E come si può guardare chi ha ucciso un tuo parente, passeggiare tranquillamente , anche sopra il tuo dolore? Da tutti coloro che hanno perso qualcuno, a causa della banda della Uno Bianca, viene posta una sola domanda” la giustizia dove è?”.