FORTIS E LA RACCOLTA A PREMI DI AVANZI PRIMARI

Un paio di giorni addietro, è uscito sulFoglioun commento-proposta diMarco Fortissu come richiedere ed ottenere dalla Ue un premio per la cosiddettavirtuositàfinanziaria dell’Italia, identificata dall’autore nella presenza di un avanzo primario che persiste da molti anni; addirittura 27, precisa Fortis, con l’unica eccezione del 2009. Unico problema è che questo avanzo primario non è una medaglia al valore bensì al fallimento, e da premiare c’è assai poco. Andiamo con ordine:l’avanzo primario è, come noto, la differenza tra entrate e spese pubbliche, escludendo da queste ultime prima il pagamento degli interessi sul debito. Ebbene, secondo i calcoli di Fortis, che da sempre ama cumuli e cumulate, tra il 1995 ed il 2018 l’Italia avrebbe impilato avanzi primari per ben 730 miliardi di euro correnti. Notevole, direte voi: e quindi? E quindi Fortis chiede che questo avanzo primario divenga una specie di raccolta punticon premi da catalogo rappresentati da “flessibilità” nella spesa per investimenti. Uhm, e che ci azzeccherebbe? Questo ve lo spieghiamo dopo (spoiler: nulla). Per ora concentriamoci sulnumber crunchingdi Fortis. Talmentecrunchingche rischia di creare problemi alla dentatura, come il torrone. A proposito, dalle mie parti si dicemenare il torrone: dopo aver letto queste elucubrazioni di Fortis credo che tutto si tenga e che la saggezza popolare non menta. Il Nostro parte dal confronto tra Italia e Francia, perché quest’ultima ha un persistente deficit primario.Male, signora mia, molto male. In tutto questo profluvio di “dati” (virgolette d’obbligo), Fortis omette di raffrontare la crescita dei paesi. Se lo facesse, vedrebbe che quella italiana è semplicemente ridicola, anche rispetto a quella francese. L’Italia èl’unico paese dell’Eurozona ad avere un effettosnowballnegativo, cioè ad avere un aumento del rapporto di indebitamento causato dal differenziale sfavorevole tra crescita nominale del Pil e costo medio del debito pubblico. A questo punto, forse Fortis dovrebbe chiedersise per caso (ma giusto per caso) gli avanzi primari italiani non siano l’immagine speculare di questo effettosnowballnegativo, e di conseguenza rappresentino la “garanzia” di solvibilità del nostro paese. Certo, qualcuno potrebbe anche invertire la causalità ed affermare che gli avanzi primari ci impediscono di crescere. In molti lo hanno già suggerito, peraltro, con le teorie del magico moltiplicatore. Che però non reggono quando si va a vedere l’evoluzione del rapporto deficit-Pil strutturale, cioè corretto per il ciclo economico e rapportato al Pil potenziale. L’Italia ha continuato a far deficit, la crescita ha continuato a latitare. Però non ditelo a Fortis, mi raccomando: vi risponderebbe che il Pil potenziale è un’invenzione, a differenza di Babbo Natale. Ma si sa, viviamo in un’epoca in cui alcuni esperti hanno deciso di rovesciare i flussi causali, e quindi serve pazienza. Ma torniamo agli “indicatori” di sostenibilità del nostro debito pubblico, elencati da Fortis: 1. La percentuale di debito pubblico finanziata da stranieri (che in Italia è relativamente bassa, pari al 29 per cento circa del totale nel 2018, mentre la Francia e la Germania sono più esposte di noi verso l’estero, entrambe con una quota del 47 per cento circa); A parte la parentesi che ingloba l’intero periodo, chiediamoci: questo è un punto di forza e sostenibilità del debito? Non ne sono così certo. Ma attenti perché ora viene il nocciolo del Fortis-pensiero, da sempre, inclusa raccolta diexcusationes non petitae: 2. La ricchezza finanziaria netta delle famiglie, che in Italia è alta, essendo 1,8 volte il Pil; e la cui stessa esistenza dimostra che la famigerata “patrimoniale” per ridurre il debito pubblico/Pil, che alcuni periodicamente rispolverano, non serve affatto. Primo, perchébuona parte dei risparmi privati è investita direttamente, ma soprattutto indirettamente (attraverso banche, assicurazioni, fondi), in titoli di Stato italiani,sostenendoli. Secondo, perché l’Italia è, per l’appunto, benpatrimonializzata. Sicché, se venisse valutata come un’azienda sarebbe giudicata più meritevole di credito non soltanto della Grecia ma anche di Portogallo, Irlanda, Spagna e quasi al pari della Francia e della Germania; Al netto della sintassi disassata, qui mi ricollego al primo punto:i risparmi privati sono investiti in titoli di stato italiani perché in effetti -ad oggi- esiste fiducia nelle capacità di rimborso dello Stato. Se questa fiducia venisse meno, i capitali domestici defluirebbero all’estero, verso titoli di stato di altri paesi, e addio “sostegno”. Quest’ultimo non è qualcosa di acquisito ma va guadagnato giorno per giorno. Altrimenti, ci restano sempre i controlli sui movimenti di capitale, no? Essere “patrimonializzati” non significa essere disposti a comprare spazzatura, dottor Fortis.E, sempre riguardo alla patrimonializzazione, se lei fosse un banchiere o un bancario addetto all’ufficio fidi, concederebbe prestiti solo guardando al patrimonio del debitore o anche alle sue prospettive di crescita, cioè di reddito? Ma lei non lavora all’ufficio fidi di una banca. Sulla base di quanto da lei descritto circa il “merito di credito”, la vedrei meglio ad un monte dei pegni. 3. La posizione finanziaria complessiva sull’estero (cioè il saldo dei debiti e dei crediti privati e pubblici dell’Italia verso il mondo, che è assai contenuto, pari a meno del 5 per cento del Pil nel 2018: un dato veramente eccellente, migliore di quelli di Regno Unito con meno 11 per cento, Francia con meno 16 per cento e Spagna con meno 80 per cento) Verissimo, grazie ai nostri avanzi di partite correnti.Quello che invece è del tutto falso è che agenzie di rating, investitori e Commissione Ue ignorino questi punti di forza, veri ed apparenti, colti invece solo dall’acutissimo Fortis, e che quindi “sbaglino candeggio“, nel valutare la nostra affidabilità. Al netto della sintassi disassata, qui mi ricollego al primo punto:i risparmi privati sono investiti in titoli di stato italiani perché in effetti -ad oggi- esiste fiducia nelle capacità di rimborso dello Stato. Se questa fiducia venisse meno, i capitali domestici defluirebbero all’estero, verso titoli di stato di altri paesi, e addio “sostegno”. Quest’ultimo non è qualcosa di acquisito ma va guadagnato giorno per giorno. Altrimenti, ci restano sempre i controlli sui movimenti di capitale, no? Essere “patrimonializzati” non significa essere disposti a comprare spazzatura, dottor Fortis.E, sempre riguardo alla patrimonializzazione, se lei fosse un banchiere o un bancario addetto all’ufficio fidi, concederebbe prestiti solo guardando al patrimonio del debitore o anche alle sue prospettive di crescita, cioè di reddito? Ma lei non lavora all’ufficio fidi di una banca. Sulla base di quanto da lei descritto circa il “merito di credito”, la vedrei meglio ad un monte dei pegni. 3. La posizione finanziaria complessiva sull’estero (cioè il saldo dei debiti e dei crediti privati e pubblici dell’Italia verso il mondo, che è assai contenuto, pari a meno del 5 per cento del Pil nel 2018: un dato veramente eccellente, migliore di quelli di Regno Unito con meno 11 per cento, Francia con meno 16 per cento e Spagna con meno 80 per cento) Verissimo, grazie ai nostri avanzi di partite correnti.Quello che invece è del tutto falso è che agenzie di rating, investitori e Commissione Ue ignorino questi punti di forza, veri ed apparenti, colti invece solo dall’acutissimo Fortis, e che quindi “sbaglino candeggio“, nel valutare la nostra affidabilità.