L’ULTIMA VOLTA CHE HO VISTO DANIELE DEL GIUDICE

L’ULTIMA VOLTA CHE HO VISTO DANIELE DEL GIUDICE

L’ultima volta che ho visto Daniele Del Giudice è stato a Venezia durante una lettura a Palazzo Grassi. Era il 15 maggio del 2012. C’erano poeti e scrittori assortiti, io stavo facendo la posta a Vikram Seth e braccavo l’uomo sbagliato, un dandy scuro di carnagione con raffinate scarpe inglesi, che invece era un signor nessuno – Seth assomigliava piuttosto, e me accorsi quando salì a leggere, al portinaio del Palazzo. Questo per dire che mal interpretai il fatto che Daniele Del Giudice, presente all’avvenimento, con aria fragile e timidamente benevola, fosse sottratto aifanse contornato da una specie di guardia d’onore; infatti, non lesse lui il pezzo scelto per l’occasione, ma lo fece – credo – Enrico Palandri. E io mormorai tra me e me, con un rigurgito pre-populista: ecco unradicalchiccon la sua corte, altro che Vikram che era in maniche di camicia, aveva le braghe macchiate, e firmò autografi per ore. Come tutti quelli che hanno letto in tempo realeLo stadio diWimbledoneAtlanteoccidentale, ho amato Del Giudice e non mi sono rassegnato al fatto che lo scrittore si sia dimostrato poi più sottile e prezioso, più colto e rigoroso di come avrei desiderato. Io sognavo uno scrittore menefreghista e stralunato come il primo DeCarlo, ribelle e pop come il primo Tondelli ed elegante e sprezzante come il primo Busi. Stavo leggendo l’altro giornoStaccandol’ombra da terra, ri-comprato usato per un euro, e mi sono accorto che Del Giudice andava bene così, ed era molto più bravo di quanto ricordassi… Mentre leggevo, mi sono venuti in mente i miei pellegrinaggi alla Giudecca, vicino alla struttura dove sapevo ospitato lo scrittore malato. Non erano veri pellegrinaggi, rimanevo solo in zona un po’ più a lungo del dovuto, quando mi capitava di andare al ristorante da quelle parti o alla galleria Tre Oci. Ci stavo giusto qualche minuto in più… sperando che? Di incontrare un uomo sofferente e di chiedergli l’autografo? Forse sì. Dentro ognifanc’è sempre una percentuale di inumana idiozia. Per questo non scaricheròRobinsonstanotte, per non sapere niente deLa stanzadiDel Giudice, così come dacovere come da testo annunciato – vedo citata per la prima volta la parola Alzheimer nell’articolo che presenta l’allegato culturale diRepubblica. Mi faccio forza, ho deciso che non mi deve proprio interessare… Poi ditemi voi come è il pezzo di Ernesto Franco.