DAVOS SUMMIT ECONOMICO. GRETA CONTRO TRUMP E CONTRO I FALSI AMICI POLITICI E MEDIATICI

Summit di Davos. Primo round. Media in sollucchero nel vedere in cartellone, lo stesso giorno, Greta e Donald Trump. Che il sangue scorra e che noi se ne possa bere.Trump sta al gioco, Greta Thunberg per fortuna no e punta al sodo. Suoi referenti sono i giovani del suo gruppo di discussione (portoricani, zambiani, canadesi). Evidenti i suoi pregiudizi. Scottata da quanto avvenuto a Madrid: accolta con tutti gli onori e poi, nelle conclusioni della Conferenza un “chissenefotte” delle sue raccomandazioni. Un finale da museo degli orrori. Trump si guarda dal citarla ma è chiaro che quando sfotte i profeti di sventura è anche a lei che si riferisce, come Cassandra di turno. Parole cattive che i giornalisti amerebbero rimpallate da Greta in un ping pong da sbattere in prima pagina. Lei invece non risponde a chi le chiede cosa ne pensa degli haters, come se si rivolgessero alla sardina di turno. Passa ai numeri anche se sa che quando si parla di statistiche i media le utilizzano alla boia d’un Giuda. Lei allarmata si riferisce al fatto che c’è una probabilità su tre che venga sfondato il catastrofico AUMENTO dell’1,5% della temperatura globale. Qualcuno lascia nella penna la parola, secondo lui superflua, di “aumento”. Così ne viene fuori che la temperatura globale dovrebbe essere mantenuta al di sotto dell’1,5%. 1,5% di che cosa? Non si sa. Ma l’importante è suscitare il pathos del lettore che meno ne capirà più resterà in ambasce. Ma Greta non si lascia coinvolgere, cita il più qualificato dei Gruppi intergovernativi che si occupano di cambiamento climatico (l’IPCC) e spiega che coi trend attuali nel giro di otto anni rischiamo di bruciarci il bonus per non incorrere in rischi sempre maggiori. Non risparmia dunque i media, refrattari a trascrivere quei numeretti che non aumentano le vendite e le visualizzazioni “li ripeteremo finché non ci ascolterete”. Il portoricano che l’affianca, Salvador Gomez-Colon, punta invece il dito contro quei politici che trattano Fridays for Future come un movimento proiettato nel futuro. NOW, dice loro, “siamo il presente” e quindi è ADESSO che bisogna agire. Chissà se qualcuno si ricorderà di lui. Magari evitando il paternalismo di chi dice che non bisogna maltrattarle questi ragazzi, ma senza trarre minimamente le conseguenze da quello che loro dicono. Tra i tanti paesi presenti c’è anche l’Italia. Chissà se qualcuno ha detto a Greta che il nostro paese si è finora impegnato a ridurre le emissioni di CO2 solo del 33%, ben al di sotto di quanto si sia impegnata la stessa Von der Leyen (50% e qualcosa in più). Meglio di no. Alla sua età ne ha già abbastanza per andare fuori dai gangheri.