BUONGIONO UN CORNO! MERCOLEDI’ 22, LUIGGI’ TI SALUTA TANTO …

Il ruolo determinante nella formazione dei governi italiani di M5s finisce materialmente oggi. Luigi Di Maio dovrebbe dimettersi in giornata da capo dei 5 stelle. Di Maio non ha mai smesso di amare Salvini, ha sempre mal digerito il cambio di governo che ha portato il suo partito all’alleanza con il Pd. Dall’enorme messe di voti raccolta il 4 marzo 2018 alle elezioni politiche, sopra il 32%, Di Maio è riuscito in un’impresa che resterà a lungo imbattuta tra i primati nazionali, dimezzando in due anni i consensi in tutte le consultazioni elettorali successive e nei sondaggi attuali. Di Maio ha incarnato in politica lo spirito del niente circondato dal nulla, della flessibilità di qualsiasi posizione politica alle sole esigenze strumentali del momento, ha favorito lo scambio tra le posizioni radicali originarie del suo movimento e le poltrone di governo, snaturando l’anima originaria pentastellata fino a farle perdere completamente l’identità che era stata premiata dagli elettori. Al netto delle gaffes che hanno caratterizzato le sue uscite pubbliche, denotando nitidamente la mancanza di una formazione culturale politica di base, Di Maio, ormai contestato dai gruppi parlamentari del suo stesso partito, tenta di percorrere la strada percorsa due anni fa dal suo dioscuro Alessandro Di Battista, mettendosi alla finestra per vedere che succede. A differenza di Di Battista però, che non si è sporcato le mani con nessun ruolo di partito e di governo in questi due anni e ora potrebbe passare all’incasso, Di Maio ha di fatto provocato una spaccatura insanabile tra i pentastellati. Il passo indietro di Di Maio avrà sicuramente ripercussioni sull’attuale governo in cui è ministro degli Esteri, con conseguenza al momento imprevedibili per tutti gli italiani, forse nuove elezioni. Di solito si rende l’onore delle armi agli sconfitti ma chi scrive non riesce proprio a provare alcuna pietà verso un politico che ha aperto la porta ai peggiori sentimenti della nazione, sdoganando la destra più incivile alla guida del Paese, rendendo ridicola l’espressione “linea politica” in favore del miraggio del potere. L’unico merito che gli riconosco è di essere riuscito là dove la sinistra aveva fallito: provocare il tracollo di M5s. Il leader della Lega Matteo Salvini, che risulta indietro nei sondaggi per le regionali di domenica prossima in Emilia Romagna, in cerca di visibilità, ieri ha varcato un’altra porta dell’inciviltà politica. Nel corso della sua visita al quartiere periferico bolognese del Pilastro, noto alle cronache per gli omicidi della banda della Uno bianca, ha suonato il citofono di un palazzo, domandando se lì abita uno spacciatore. Ha suonato in casa di un cittadino tunisino chiedendo dinanzi alle telecamere “Buona sera signora, suo figlio è uno spacciatore?”, su indicazione di una sua fan sfegatata. Salvini era protetto da un cordone di forze dell’ordine pagate da tutti i cittadini italiani, nonostante non rivesta più da tempo alcun incarico pubblico, mentre intorno a lui volavano spinte, urla e petardi dei suoi contestatori. Un gesto propagandistico squallido e inutile oltre che ingiusto nei confronti di una famiglia messa alla berlina pubblicamente senza che esistessero notizie di reato verso i suoi componenti. E in ogni caso non sarebbe stato compito di un leader politico evidenziarle, ma delle autorità preposte alla repressione dei reati. L’uomo che agitava una bambola gonfiabile in una discoteca per insultare l’allora presidente della Camera Laura Boldrini non è nuovo a queste provocazioni e non ne parleremmo se non fosse per rivolgere l’attenzione sui suoi elettori che sono milioni. Sono loro i nemici della civiltà molto più del loro idolo, che li usa per riconquistare il potere. Gli elettori di Salvini sono i veri nemici della civiltà, non meritano rispetto perché loro non ne hanno per nessuna forma di convivenza civile acquisita. Ogni volta che assistiamo a un episodio di razzismo e restiamo in silenzio stiamo regalando voti a Salvini. Ogni volta che vediamo una prepotenza nei confronti di un debole e non interveniamo stiamo regalando voti a Salvini. Ogni volta che non pretendiamo lo scontrino in un esercizio commerciale stiamo regalando voti a Salvini. Ogni volta che sentiamo lamenti su come funzionano le cose in Italia e non ricordiamo al leghista di turno che il suo partito ha governato per oltre un decennio con Berlusconi prima e con M5s poi stiamo regalando voti a Salvini. E’ il nostro silenzio, la nostra voglia di non avere noie, la nostra pigrizia intellettuale e civile che sta regalando consensi al partito dell’inciviltà. Era già successo nei giorni scorsi ma solo adesso i giornali hanno capito che non erano episodi isolati e cominciano a parlarne. In Francia è in corso una lotta dei lavoratori contro la riforma delle pensioni voluta da Macron, I dipendenti della centrale di Orly, Parigi, iscritti al sindacato Cgt, hanno causato un blackout di due ore in diversi quartieri della capitale, colpendo 35mila persone. Va sottolineato che il taglio dell’elettricità non ha riguardato l’aeroporto, anche se ha bloccato il tram e la metro a esso collegati. Non sta a noi pronunciarci né sulla riforma previdenziale proposta dal governo francese né sulle forme di lotta adottate dal sindacato più radicale d’oltralpe. La riforma verrà presentata in consiglio dei ministri venerdì prossimo, il 24 gennaio e il governo ha definito “scandalosi” questi atti di protesta. Sta di fatto che in Francia esiste una società civile viva e vegeta che non si mobilita in base all’appartenenza ai partiti ma sulle esigenze sociali ed economiche. Le pensioni sono un tema scottante di tutti i governi europei. La pensione è un patto, una forma di contratto sociale stipulato quando vieni assunto e cominci a versare allo Stato i contributi, con la promessa di un certo livello pensionistico quando non potrai più lavorare, un patto che i governi europei riscrivono continuamente, venendo meno agli accordi presi con i lavoratori, in nome di sacrifici a senso unico che vengono chiesti per sanare i bilanci dei cui dissesti non sono responsabili i cittadini ma i governi. E’ come se tu prestassi dei soldi a un amico e dopo un po’ questo unilateralmente ti dice che non ti restituirà la somma che gli hai prestato ma soltanto una parte perché ormai gli altri soldi se li è spesi. Tu t’incazzi giustamente con l’amico che non rispetta i patti. Lo stesso accade appunto con le pensioni che vengono continuamente messe in discussione nell’Europa governata dalle banche, nell’Europa che trova soldi per le crisi finanziarie degli istituti di credito ma non ne trova per le spese sociali. In una bisca di periferia se bari al gioco così sfacciatamente ti mettono le mani addosso e ti allontanano dal tavolo. Qui invece chi tiene il banco, dopo essersi messo in tasca i tuoi soldi vuole cacciare te dal tavolo e pretende anche che stai zitto e buono. I francesi ci stanno impartendo una lezione di civiltà, sperando naturalmente che le loro lotte non si trasformino in violenze e scontri di piazza, come pure è accaduto, ma dimostrando che quando c’è un forte tessuto sociale pronto a reagire alle prepotenze dei governi puoi essere Macron o Stalin ma prima o poi il tuo governo è destinato a crollare. E’ un principio basilare della democrazia. Il mondo a 5 stelle sta crollando e anche la corsa della sindaca di Roma Virginia Raggi sembra volgere al termine. Ieri l’assemblea capitolina governata da un monocolore grillino ha mandato in minoranza la sindaca per ben due volte sulla vicenda della nuova discarica. Prima su una mozione del centrodestra poi su una del Pd. In seguito, siccome sono diventati ipocriti come i bei democristiani di una volta, i consiglieri di maggioranza, subito dopo il voto, hanno comunque “ribadito la piena fiducia alla sindaca” a patto però che riveda la delibera relativa all’area individuata a Roma ovest per la discarica. In sostanza: o fai quello che diciamo noi o torni a lavorare allo studio legale dove lavoravi prima. Sarà un caso ma questo accade negli stessi giorni in cui Roberta Lombardi, verace leader grillina che non ha mai fatto mistero delle divisioni con la sindaca, guida la fronda anti Di Maio che ha portato il leader M5s a fare un passo indietro dalla guida del partito ed è quindi in pole position per un ruolo decisivo nella futura guida dei pentastellati. Il tutto mentre sotto al Campidoglio manifestavano comitati spontanei di cittadini delle aree limitrofe al luogo individuato dalla Raggi per la discarica. Siccome però la Raggi sempre grillina è, sfidando il buon senso ha annunciato comunque che non ha intenzione di ritirare la delibera di giunta che individua la località di Monte Carnevale. Ma un’altra tegola si sta abbattendo sulla prima cittadina, che ha anche l’esigenza di fare cassa per le spese di Roma. Una promessa elettorale dei grillini riguardava l’intenzione di far pagare l’Imu agli enti commerciali della Chiesa. Oggi, tre anni dopo le elezioni, la giunta ammette di non avere nemmeno idea di quanti e quali siano gli immobili a cui chiedere l’imposta. Un rapporto segreto dell’assessorato al Bilancio, svelato da Il Messaggero, rivelerebbe circa 10mila palazzi riconducibili in varie forme ma mai direttamente alla Chiesa, impossibile scovarli uno a uno e quindi meglio rinunciare all’impresa. La giunta Raggi potrà vivacchiare ancora per quache tempo, ma è evidente che la parabola discendente è ormai iniziata e non tanto per merito dell’opposizione quanto per la propria incapacità.