LA SIGNORA CETTA E LA SCHEDA ELETTORALE

LA SIGNORA CETTA E LA SCHEDA ELETTORALE

L’odore di agrume che sfregola al fuoco si diffonde per la stanza nella penombra. Ci mette sempre un bergamotto la nonnina ai lati del braciere. La conca di legno sorregge il metallo col fuoco dentro. Ci poggia i piedi infagottati in strane morbide pantofole su quel ripiano. Minuta, un fuscello umano pronto a sdradicarsi al vento delle parche , ma gli occhi sono vividi, lucidi, splendenti come cocci di stelle piovuti dal cielo. Il rituale ad ogni elezione. Andare a trovarla. Spiegarle come si vota. Consigliarle per chi votare. Si fida di me, sin da quando io ragazzina e lei già vegliarda le chiesi il voto per me che, sfrontata, mi candidavo alla circoscrizione. Oggi ha quasi 98 anni. Vota. Vuole votare. Sebbene il medico, i figli, i nipoti le dicano perentoriamente : – resta a casa! Il tuo voto non cambia la Storia- Batte il piedino nervosamente la signora Cetta ( Concetta all’anagrafe) e, come ogni matriarca della mia terra che si rispetti, quel ticchettio è come lo scettro di una regina che imperioso afferma la sua volontà. Anche quest’anno, per queste elezioni Cetta voterà. Indosserà il suo vestito più bello, quello che da tempo ha preparato per il saluto al mondo dei vivi, il suo cappottino da bimbetta, il suo ” muccaturi” ( fazzoletto che le avvolge i capelli legato sotto il mento) e, lentamente, ieraticamente, al mio braccio entrerà nella sezione elettorale. Saluterà il Presidente, il segretario e gli scrutatori, li onorera’ del suo sorriso sdentato ma mai falso e, arrancando, sparirà dentro la cabina. Il tempo non è tiranno con la signora Cetta. Lei sa cosa deve fare. Ma le piace osservare la scheda, impugnare la matita indelebile, guardare la cabina. Poi farà il segno. Poi ripieghera’ alla perfezione la scheda. Uscirà un po’ smarrita, come Atlante che ha la consapevolezza di portare sulle spalle il mondo. Un po’ incurvita condurrà la sua scheda verso l’ urna . La lascerà cadere nostalgica dentro quella bocca che si apre oscura. Per un attimo la terrà sospesa ,nel vano tentativo di ritardare il compimento del destino. Poi, scrollerà l’anziano capo e risoluta mollerà la presa, con un sospiro di sollievo e gratitudine. Prenderà il mio braccio e uscirà solenne come è entrata. Salendo in macchina si siederà, si appoggerà allo schienale e, chiudendo gli occhi mi dirà, parlando a se stessa coi suoi ricordi:- Era il 1945 o forse il 1946, era finita la guerra, da poco. Ventidue anni. E una vita che doveva rinascere dalla paura. Suffragio universale. Mica avevo capito subito cosa volesse dire? Mia madre con le lacrime agli occhi e il vestito della domenica mi disse: -andiamo a votare. Possiamo. Anche noi donne. -Piansi senza sapere il perché. Pochi mesi prima non sapevamo se vivere o morire e quel giorno avevamo invece il Futuro fra le mani. Poi venne il 2 giugno del 1946. Due parole: Monarchia o Repubblica. L’Italia la costruivano uomini e donne e ne stabilivano il destino. Votai Repubblica con le lacrime agli occhi salutando i miei nonni morti nelle montagne, pregando per i figli che avrei avuto. Giurai a me stessa che avrei sempre votato per onorare i morti e celebrare la vita. – Mi dirà così la signora Cetta mentre sedute davanti al braciere le parlerò di Callipo, di Salvini ,della nuova Resistenza, della sua gente che non vota più. Prenderà un fac simile e lo fisserà tenendolo fra le scarne mani. Nella penombra rischiarata dalla luce dei tizzoni mi dirà: – nani sunnu iddhi e vonnu a tutti nani ( piccoli uomini sono loro e vogliono che siano tutti piccoli nel senso di infimi). Ma io voto perché la Libertà soffre il freddo e la fame e solo ciò che si conquista profuma di Dignità.- Mi stringera’ la mano…udremo insieme sfregolare l’agrume e percepiremo dopo il suo profumo e sogneremo quell’alba nuova nella quale la signora Cetta non ha mai rinunciato a credere.