ANCORA CARNEVALE PER I RIFIUTI ROMANI

ANCORA CARNEVALE PER I RIFIUTI ROMANI

Ben 985 pagine compongono il “Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti della Regione Lazio” approvato l’estate scorsa dalla giunta regionale. Messe in fila fanno la bellezza di 293 metri! Un piano dettagliatissimo, pieno di tabelle e grafici, anche a colori. Ben quattordici fra ingegneri, avvocati, e dottori vari hanno contribuito alla stesura del documento. Insomma un vero e proprio evento politico-tecnocratico. Peccato che camminando sui marciapiedi della capitale non si abbia traccia della ricaduta operativa del piano. Si obbietterà che la legge prevede che la regione pianifichi e finanzi mentre il comune raccoglie, tratta e smaltisce i rifiuti solidi urbani, ma è proprio questo il tallone d’Achille della questione. Roma non è un semplice grande o grandissimo comune e non è certo bastato chiamarla ‘città metropolitana’ per aiutarla a uscire dalla palude che l’attanaglia. Inoltre è evidente come la collaborazione fra comune e regione sia prossima allo zero e la divisione dei ruoli in materia di rifiuti si è ben presto trasformata in una barriera burocratica con buona pace della sinergia, complice anche, e non poco, la differenza sul piano politico dei due soggetti. Conseguenza economica di questa grave situazione si traduce nel record negativo di spesa pro capite per i rifiuti che per la capitale è stata, nel 2017, di 597,57€ contro i 213,08€ di Milano e i 206,72 di Napoli (fonte Openpolis).L’ultimo atto di quest’amara vicenda ha visto la riproposizione della cava di Monte Carnevale come discarica di servizio, in ottemperanza al piano rifiuti regionale, sito peraltro già assunto alle cronache romane di qualche anno fa quando anche allora era proposto dalla giunta come possibile discarica ma che poi, come troppo spesso succede, non portò a nulla. Paradossale poi il fatto che la proposta della giunta stia trovando opposizione dagli stessi uffici comunali che si occupano dei rifiuti.La situazione dei rifiuti urbani nel mondo, con i suoi circa due miliardi di tonnellate annue di rifiuti prodotti, prevede due cicli base per l’intera filiera: raccolta e riciclo uguale per entrambi con percentuali variabili per la seconda fase e a seguire due opzioni finali per ciò che resta: Incenerimento con eventuale recupero energetico (termovalorizzatori) e/o discarica. Nel nord Europa prevale la scelta di destinare ai termovalorizzatori la frazione indifferenziata dopo aver riciclato in media il 30% del totale rifiuti urbani, mentre il sud europeo (l’Italia con il 29%) è più propenso a utilizzare le discariche nella fase finale, come avviene nel nord America. La nota negativa viene da una non trascurabile quantità di rifiuti, oscillante fra il 20 e il 70%, destinati all’abbandono in molte zone di Africa, Asia e America del sud.Nel caso dei rifiuti di Roma, oggi differenziati al 46%, la situazione si complica per l’ormai cronica penuria d’impianti di trattamento rifiuti, conseguenza di una non programmazione passata nonostante l’inevitabile chiusura di Malagrotta avvenuta nel 2013. Questa mancanza d’impianti è figlia anche della presenza selvaggia, nel territorio comunale, di una miriadi di frazioni abitate, in gran parte non appartenenti ad alcun piano regolatore, presenza che complica enormemente la scelta di siti dove costruire detti impianti, siano essi TMB, discariche o termovalorizzatori. A questo riguardo tutti i cittadini maturino la consapevolezza che il libro dei sogni non esiste e se qualcuno, con carica di responsabilità nel merito, sostiene che si può fare a meno di discariche e termovalorizzatori perché tutto si riciclerà in una perfetta economia circolare, ebbene si sappia che il mondo reale è tutt’altra faccenda.Come se n’esce? Speriamo non con il solito Batman di turno pronto a mascherarsi ad hoc in vista delle prossime elezioni comunali, magari vestito da Giulio Cesare che parla al suo popolo romano con un rosario in mano..