INCONTRO NEL SOLE

INCONTRO NEL SOLE

Che nottata aveva trascorso. Ci sono passioni per le quali il tempo non conta, il sacrificio non costa, le privazioni le esaltano e le rinunce le sublimano. La sua passione si chiamava Politica e l’aveva coinvolta ancora una volta. Si erano amate, prese e lasciate tantissime volte, ma sempre il richiamo giungeva e puntuale lei lo seguiva. Ancora una nottata dietro tattiche, strategie, lettere, discorsi, dentro un fumo denso di ideali, di paure, di ansie, di voglia di domani. Aveva la necessità di tornare a casa. Fare una doccia, indossare abiti puliti e non sgualciti da una notte senza sonno… Chissà perché aveva percorso quella strada, non era uno dei suoi itinerari abituali. Non aveva voglia di fare inversione e aveva proseguito. Allungava di qualche km il suo tragitto, ma non sarebbe morta davvero per dieci minuti in più di percorso. Il problema era un altro e ben più grave. Non sapeva se la benzina che aveva in serbatoio sarebbe stata sufficiente. Erano le 4 del mattino. Quale paladino sarebbe accorso in suo aiuto? Si rimproverava mentalmente osservando il giallo sinistro della spia sul cruscotto a segnalare una deficienza di carburante. Era mortale? Era tollerabile? Non le restava che affidarsi al suo angelo custode il quale più volte le aveva sussurrato: -vedi che le macchine non hanno il pilota automatico- Gli giurava mentalmente che non sarebbe accaduto più, che la sua macchina quel mattino avrebbe avuto la più bella sbronza di benzina della sua vita. Ma l’ angelo custode si era scocciato di una spergiura recidiva e quel mattino l’aveva abbandonata al suo destino. Nessun distributore all’orizzonte, buio pesto e un rantolo conosciuto del veicolo. Gli dei si erano stufati di tutte le passioni eccetto quella della cura della macchina. Ed erano in tutt’ altre faccende affaccendati. Una volta a girare la chiave …un sussulto e il niente . Due volte…tre…Ecco l’aveva ingolfata. Adesso era proprio nei pasticci. Doveva per forza telefonare a casa. Sentiva già gli strali e le giaculatorie. Decise di prendere un po’ di tempo per riflettere. Mise le sicure. Cercò il cellulare in borsa. Tirò fuori un pacchetto di sigarette e un accendino. E di chi erano? Lei non fumava. Ah, le venne subito in mente: la tipa rivoluzionaria che fumava come una ciminiera in segreteria politica. Inavvertitamente le aveva rubato il motivo del suo esistere. Quanti l’avrebbero odiata in quelle prossime ore! Una sigaretta, forse, avrebbe dato un senso diverso a quello scorrere apatico del tempo. Ne prese una, la rimirò un po’, infine l’accese e la mise fra le labbra. Il rossetto era andato via da un pezzo. Non le piaceva il sapore del fumo, le bruciava la gola. Accese la lucina dello specchietto per rimirarsi mentre la brace diveniva rossa. Non si piacque e spense la luce. Cominciò a fare spirali di fumo. Ora trattenendo il respiro e rilasciandolo lentamente, ora facendolo fuoriuscire violentemente. Volteggiava elegante il fumo nell’abitacolo della sua macchina. Improvvisamente, chissà da dove erano spuntati, un uomo e una donna si materializzarono davanti a lei. Era stata talmente intenta a giocare col fumo della sua avventurosa sigaretta che non si era accorta di loro. Forse poteva ancora evitare i rimproveri e le lavate di capo dei familiari. Stava per scendere e chiedere il loro aiuto, ma qualcosa la fermò. La donna stringeva con dolce possesso il braccio dell’uomo. Era bionda, i capelli le coprivano le spalle. Il suo corpo, nella penombra di un fioco e lontano lampione appariva fragile e armonioso. Lui era scuro. La notte non celava completamente la sua prestanza. Cingeva la donna e la voce calda era supplice :- Non possiamo. Facciamocene una ragione. – Le parole erano contraddette dal braccio che le stringeva la vita. Voleva quella donna con tutto se stesso. La bellissima bionda gli si aggrappava con disperata passione. Il bacio scambiato faceva vibrare ogni materia intorno a loro, anche l’inerte asfalto tratteneva il fiato per non disturbarli. Lei temeva la vedessero. Si fece piccina piccina, quasi piatta contro la spalliera del suo sedile. Si sentiva sporca come una spia criminale invadente di una vita altrui. – Mi manchi- diceva la donna sulle labbra dell’uomo. – Non riesco a non pensarti. Cos’ è questa vita che ci ha fatti incontrare e poi vuole tenerci divisi? Scappiamo, dove il mondo non potrà trovarci, dove lui non ci scoprirà mai- La supplica era disperata come le braccia che stringevano la forte schiena dell’uomo. Lei era rimasta a bocca aperta, il fumo della sigaretta per poco non la soffocava. Un amore clandestino. Quello dei fugaci Ti amo, delle carezze dentro uno sguardo, dei vetri chiusi sopra la vita che scorre senza la parola Noi. Istintivamente faceva il tifo per quei due. Non era amore viziato, era amore tragico, delle tragedie del non vissuto che costellano le nostre quotidianità. Bevevano i loro sguardi, assorbivano l’uno le fattezze dell’altra. L’uomo l’aveva stretta a sé. Forte. In un solo gesto la fusione di anima e corpo. La donna aveva reclinato il capo e con estasi aveva ricevuto i baci di lui sulla gola. Lei non osava muoversi. Il tempo era tiranno con quei due. Sottrarne loro con la scoperta della sua presenza sarebbe stato davvero malvagio. E lei amava l’amore, da essere felice persino nel vederlo negli altri. Inconsciamente tifava per quei due ladri di emozioni, senza conoscerne la vita, senza volere scoprire l’etica del loro comportamento. Iniziava ad albeggiare. Forse poteva adesso inviare un messaggio a casa. Prese il cellulare e iniziò a scrivere. Temeva la scorgessero e la accusassero di essere una guardona. Loro non si accorgevano del mondo intorno. Il tempo degli amanti è fatto di attimi rubati al sole, perché la luce rivela ogni mistero. E loro stavano sottraendo al tempo più di quanto gli fosse stato concesso. Il bip al cellulare segnalò una risposta. L’avrebbero recuperata anche stavolta. La distrazione le impedì di vedere andare via la coppia. Non erano più davanti a lei. Mentalmente li salutò e augurò loro buona fortuna , sospirando di sollievo perché entrambi non l’avevano scorta. Il sole aveva fatto il suo ingresso maestoso. Restava solo il fumo dentro l’abitacolo a ricordare la nebbia notturna e il film vivo che le si era svolto davanti. Girò il capo e sul muro di lato al suo sportello una scritta: ” dedicata a te che sei la sorpresa più bella che l’alba ogni giorno mi porta”. Un cuore e due iniziali. Lei sorrise. Nell’epoca degli sms, dei tvb veloci e spesso noiosamente stanchi, un murales che in quell’alba si rivestiva di poesia. Quella scritta sembrava il coronamento , la fotografia dei due abbracciati mentre la notte lasciava il passo al giorno. Si sentii messa a parte di un segreto bellissimo, un amore senza tempo. – Proprio qui ti doveva finire la benzina? – disse la voce dell’uomo arrabbiato sceso dalla macchina. Lei lo guardò con sguardo interrogativo. Che razza di domanda era quella?– Qui una mattina di tre anni fa hanno trovato un uomo e una donna trucidati dentro una macchina.Lei era la moglie di un boss. Erano amanti si disse. –Si disse…Lei alzò lo sguardo verso il sole. Amava l’alba. Salutò quell’amore che viveva ancora.