TRUMP: UNO STATO AI PALESTINESI. GERUSALEMME CAPITALE D’ISRAELE

TRUMP: UNO STATO AI PALESTINESI. GERUSALEMME CAPITALE D’ISRAELE

E’ stata in definitiva una grande Kermesse mediatica la presentazione del “Deal del secolo”, il piano di pace americano per risolvere una volta per tutte il conflitto fra israeliani e palestinesi. Al di là degli slogan e  delle frasi di convenienza, la proposta americana lascia in pratica irrisoluti i grandi problemi , puntando tutto sugli investimenti economici, 50 miliardi di dollari, e sulla paura dei paesi arabi moderati nei confronti dell’Iran. I punti salienti del piano di Trump sono i seguenti: Il 30% della West Bank rimarrà in mani israeliane. Gerusalemme capitale indivisibile dello Stato ebraico Smilitarizzazione della striscia di Gaza e smantellamento di Hamas Creazione di un tunnel che colleghi Gaza alla Cisgiordania e scambi di territori per risarcire il 30% che passerà ad Israele. Smantellamento di una sessantina di insediamenti israeliani illegali in Cisgiordania Una parte dei quartieri di Gerusalemme est che già adesso si trovano al di là della barriera difensiva diventeranno la capitale palestinese. Alla presentazione del progetto americano hanno partecipato anche gli ambasciatori del Baharein, Oman ed Emirati arabi. Un segnale più che chiaro di quanto la causa palestinese abbia perso il suo valore nel campo arabo. Anche le reazioni egiziane e saudite si sono rivelate al momento molto blande. Più complicato il caso dei giordani la cui maggioranza della popolazione è palestinese. Com’era prevedibile e comprensibile, i palestinesi hanno rigettato in toto il programma americano. “Gerusalemme non è in vendita” ha affermato Abu Mazen, dichiarandosi sicuro che un progetto del genere non potrà mai riuscire. Per il momento non ci sono stati disordini degni di nota e questa è la grande incognita che deciderà i prossimi sviluppi. Ehud Ya’ari, un noto commentatore del mondo arabo, sostiene che esiste un divario enorme fra le nuove generazioni palestinesi e la vecchia leadership. Sono più di 15 anni che non si svolgono elezioni democratiche e questo stato d’impasse non aiuta a formare una nuova classe dirigente. Abu Mazen ha organizzato per questo sabato un incontro al Cairo con i ministri degli esteri del mondo arabo. L’unico che può togliergli le castagne dal fuoco è paradossalmente Netanyahu che ha affermato che proporrà nella prossima riunione di governo di imporre la legge israeliana negli insediamenti israeliani presenti nella vallata del Giordano, di fatto un’annessione. Un passo del genere potrebbe essere il catalizzatore col quale i palestinesi potrebbero riuscire a formare un fronte comune. Anche Hammas si trova impastoiato, sono già diversi mesi che si stanno svolgendo delle trattative per migliorare le condizioni di vita all’interno della striscia di Gaza favorendo l’ingresso di capitali arabi per investire in infrastrutture civili. Una rottura completa delle trattative in corso è contro gli interessi immediati di Hanya. Dando una breve scorsa dei commenti a caldo scritti dal popolo della tastiera israeliano, molti sostengono che non bastano le roboanti dichiarazioni di Donald e Bibi, manca una controparte con la quale cominciare a trattare. Di fatto il piano americano è palesemente sbilanciato in favore degli israeliani, d’altro canto i palestinesi sono consci che la loro causa sta passando nel dimenticatoio. Per continuare a mantenerla all’ordine del giorno dovranno per forza adottare decisioni molto drastiche. La rottura degli accordi di Oslo e forse l’inizio di una nuova Intifada. Ma in casi del genere chi deciderà sarà la base del popolo palestinese, che in questo momento sembra molto confuso e combattutto fra la realtà quotidiana, il ridimensionamento del sogno mai realizzato della creazione di un loro stato, e la coscienza che per creare un’economia stabile e prospera siano indispensabili gli aiuti internazionali che passano inevitabilmente attraverso gli Stati Uniti. I principali avvenimenti da segnarsi in agenda sono previsti per venerdì, la settimanale “giornata della rabbia”, e la riunione del governo israeliano in programma per domenica. Anche se probabilmente il Deal americano non partorirà un granchè, sia Trump che Netanyahu ne stanno traendo il massimo giovamento visto che sono riusciti a distogliere i riflettori dai loro guai giudiziari. E questo è, almeno dal loro punto di vista, un enorme risultato.