BUONGIORNO UN CORNO!, GIOVEDI’ 6, THE CAT IS NOT MORE ABLE …
La signora sbuca da un buco nel terreno, proprio così, un pied-sottoterre più che un pied-a-terre, mentre passeggio, mi sono perso in realtà, per andare a ripescare degli amici che sono già al quarto giro di birre e talmente in amicizia con tutti che potrebbero finire a un vegan party senza accorgersene. Mi chiede del fuoco la signora, ma io quel fuoco non ce l’ho più dentro da tempo, le spiego con cortesia, insiste, mi assicura che è inglese, “non come quelle altre”, come se questo assicurasse professionalità all’offerta. Ha questo appartamentino che dal basso sbuca nel cuore di Soho e una fiatella declinata al whiskey che spoetizzerebbe anche dei militari in libera uscita. Declino e proseguo. Hai un bel girare Londra, ma è quando finisci intorno a quel tratto che va da Leicester Square a Trafalgar che la Brexit ti sembra soltanto una vuota parola. Intanto il capodanno cinese è in corso, alla faccia del corona virus, e nessuno nel raggio di cento metri indossa una mascherina. Poi i locali, pieni di turisti ubriachi, i casinò sulla piazza, qualche porno shop che è riuscito a sopravvivere all’era di Tony Blair. E sì, perché i primi danni al vivere civile qui li ha fatti il perbenismo, il neo vittorianesimo che il leader laburista ha introdotto cento anni dopo la regina Vittoria, quella che voleva mettere le mutande alle statue. D’improvviso, dopo aver falsificato, grazie al servizio segreto di Sua Maestà, le informazioni che attribuivano a Saddam Hussein il possesso di armi chimiche, convincendo i cittadini britannici e statunitensi che l’invasione dell’Iraq era cosa buona e giusta, il buon Blair, preso a modello dai fuoriusciti dal comunismo italiano come esempio di moderno liberal, ebbe la fase puritana, durante la quale decise di ripulire Londra. Eliminò la tradizionale campanella che alle ventitre nei pub annunciava l’ultimo giro di bevute, liberalizzando l’apertura, ripulì tutte le cabine telefoniche dai flyer con i numeri delle allegre signorine, chiuse tutti i pornoshop di Soho e inaugurò la stagione delle convergenze etiche tra conservatori e laburisti sullo stile di vita da contrapporre al terrorismo di matrice islamica, che qui nel 2005, oltre a uccidere decine di persone, scavò il primo solco nella paura che gli inglesi cominciarono a nutrire per i lavoratori stranieri. George, sessantenne inglese di famiglia Pakistana, ha un negozio immenso di souvenir su Charing Cross, vive di incontri con tutte le nazionalità e non riesce a capire cosa sia successo ai suoi connazionali negli ultimi dieci anni in particolare. Non è che prima mi abbracciassero, racconta della sua esperienza con i pochi londinesi rimasti a Londra, ma non succedeva mai che qualcuno inserisse la frase “pakistano di merda” in un discorso al di fuori di quelli dei bulli della scuola dove sono andati i miei figli. Adesso invece, spiega con tristezza, prima sono un pakistano di merda e poi sono George. Lui non si lamenta in ogni caso, sa di essere quasi un privilegiato di questi tempi, ma una breve spiegazione a questa recrudescenza di nazionalismo culminata nella Brexit, me la offre un certo Mr Patel, nel pub, dove finalmente ho ritrovato i miei amici, ormai convinti che “we’ll never surrender” sia una frase tipica del nostro tempo, che si pronuncia dopo il sesto shottino sopra i 40 gradi. Va detto che a farmi prendere in considerazione le opinioni di Mr Patel non è tanto lo status che si attribuisce di funzionario governativo, che detta così sembra chissà che, invece magari mette solo i timbri sui rimborsi del servizio sanitario. No, Mr Patel è un alcolizzato professionista, mentre recupero i miei amici gli sta spiegando le basi del mestiere. Un Jack Daniel’s doppio per ogni pinta. Sorso di whiskey e sorso di birra, la birra tiene alta la gradazione maggiore del whiskey che sale in testa e lì rimane. E tutto quanto tiene alta la tua considerazione del genere umano tra il tardo pomeriggio e la mezzanotte. Come si fa a non ritenere le opinioni sulla Brexit di Mr Patel degne del massimo rispetto? E infatti mi prende in simpatia, mi ricorda che Churchill stimava Mussolini, qui hanno un modo tutto loro di definire l’amicizia tra i nostri popoli, e senza saperlo ricomincia proprio da dove aveva finito George, dai danni di Tony Blair. Quella merda lì, così chiama il falso documento delle armi chimiche in mano a Saddam, gettava le basi per quanto avviene oggi, di andare mani e piedi in bocca agli americani. Blair ha sempre fatto il doppio gioco, parole sue, di Mr Patel intendo, fingendosi il più convinto degli europeisti, ma il suo unico faro erano gli Usa, tanto voleva fare e ha fatto che dal 2001 in poi siamo diventati una rappresentanza Usa in Europa. Poi, quando il blairismo è caduto e sono spuntate le mezze calzette, i Gordon Brown, i Cameron, la May, ormai era tardi, quello che pensavano fosse un doppio gioco sostenibile è diventato incompatibile con la permanenza nell’Unione Europea. Lui, Patel, è conservatore e non perdona Cameron di aver usato il populismo del referendum consultivo per il Leave come contrasto non riuscito ai populisti alla Farage. Sembrava un genio ed era un cretino, sostiene alla quinta pinta e decimo whiskey, dove attacca una filippica sul degrado dei conservatori inglesi. Lo lascio al suo declino alcolico mentre penso che c’è però qualcosa che non torna nel suo racconto. Una delle prime mosse fatte da Boris Jhonson è stata di permettere l’accesso di Huawey nel business del 5G, una posizione in contrasto con la volontà di Trump. Le alleanze britanniche non saranno così schematiche in futuro, perché è vero che gli Usa si sono impegnati a fronteggiare le richieste di merci Uk che non passeranno più per l’Europa, ma con grosse maggiorazioni rispetto ai prezzi attuali, il primo esempio è sui farmaci, un campo dove Johnson sta infatti ritardando la firma dell’accordo .commerciale con Washington. Se il Regno Unito diventasse una semplice colonia Usa perderebbe tutto il momentaneo vantaggio di questa uscita dalla Ue, mentre la vera follia nella deriva conservatrice sovranista della leadership britannica attuale sta nella convinzione di riuscire a dominare i mercati sia in Europa che in Usa. I rapporti che Johnson vuole mantenere in Europa sono con quella ad alta velocità e solidità economica, Germania e Francia per essere chiari. Nel razzismo che pervade ormai la società britannica il diverso è il povero, lo straniero è il povero. Non fa niente che sia italiano, pakistano, bengalese, è il povero che impoverisce la società e va eliminato. E di poveri per strada, incastonati nelle cornici delle vetrine che di giorno attirano soprattutto i ricchi spendaccioni russi, categoria protetta e venerata anche con un certo servilismo nei locali, di poveri nelle ricche strade dello shopping intorno a Piccadilly, incastrati nei piccoli ripari dinanzi ai negozi, tra decine di coperte e carrelli pieni di oggetti personali, ne trovi una cinquantina soltanto osservando superficialmente Oxford street. Uno di loro mi sente parlare in italiano con gli amici e mi chiama Paisà. Ride quando mi volto e mi fa segno della sigaretta. Gli do il tabacco e mentre rolla mi dice che il padre aveva fatto la guerra sbarcando ad Anzio. Lui era un maestro, mi fa cenno toccandosi la testa che a un certo punto qualcosa non gli ha più funzionato là dentro, così adesso vive per strada “Qui posso respirare”, precisa. Scherziamo sul mio inglese-romanizzato, e mi fa un bel complimento, mi dice che non è accademico ma è perfetto per litigare per strada, mi chiede se conosco bene le parolacce. Si offre d’insegnarmele, ridiamo e mi sento proprio una merda ad andarmene, ma che posso fare se non lasciargli qualche sterlina e sperare che non crepi di freddo. Però gli chiedo se anche qui per insegnare la lingua ai bambini usano la frase terribile che ha rovinato tante menti brillanti della mia generazione: “The cat is on the table”. Non sono sicuro di essere riuscito a rendergli bene il senso che ha questa frase da noi, ma lui mi batte la mano sulla spalla, capisco che per i suoi gusti ha parlato anche troppo, e mi dice che “The cat is not more able to do anything”. C’è tutto in quella frase, sia che parli dell’insegnamento dell’inglese, di sé o della sua nazione. Anzi, se incontro la mia professoressa d’inglese del liceo giuro che gliela urlo in faccia con tutto il fiato in gola. Ma dove sono finiti i ragazzi? Possibile che li trovi soltanto di sera in giro per locali? Alcuni universitari li ho incontrati nel pomeriggio alla Tate Gallery, in visita dalla Royal Academy of Music, cuore dei figli ribelli della nobiltà inglese confinante con l’alta borghesia burina, quella con i soldi. Se un giovane vuole riferirsi a un leader laburista qui cita Sadiq Kan, il sindaco di Londra, colui che sta lottando per mantenere aperta la porta dell’accoglienza in una società dove gli inglesi sono ormai una minoranza che rifiuta d’integrarsi con la maggioranza multietnica che vive nella Capitale. Di Corbyn non resta niente ormai. Citano Kan perchè vogliono vivere in una società aperta, non ne fanno questione di destra o sinistra ma di unico futuro possibile tramite l’integrazione. Hanno una divisa da psicopatici in gita, col cappellino e il logo dell’istituto cucito sul taschino della giacca. Ma questa bruttura estetica molto british non gli impedisce di pensare cose intelligenti. Provo a fare il mollicone con la loro insegnante, una colta e corpulenta milf con i capelli bianchi annodati a cipolla, old style, che all’inizio mi rimprovera di dare fastidio e poi non la finisce più di parlare. La stupidità dei governanti, mi spiega, la vedi subito nel campo della cultura. Le altre università internazionali fanno pagare mediamente diecimila sterline l’anno i loro corsi internazionali agli studenti della Ue. Adesso è probabile che nei prossimi mesi anche gli europei dovranno pagare le tariffe che già pagano giapponesi, cinesi e statunitensi, intorno ai quarantamila euro. La conseguenza sarà che ospiteremo solo quei “son of bitch”, parole della prof, quegli stronzetti pieni di soldi e privi di anima che trovi a fare i cretini sui social, a mostrare senza vergogna come sprecano in un pomeriggio cifre che basterebbero a una charity per far mangiare i bisognosi un mese. Il numero comunque ha detto che non me lo dà, la sorella ha sposato un fottuto terrone che è scappato appena l’ha messa incinta e quindi non si fida degli italiani. Per oggi quindi è tutto, a domani.
