LA VENDETTA DEL PANGOLINO
Si fa strada l’ipotesi che il coronavirus abbia avuto come suo ospite di partenza il pangolino, un animaletto di circa tre chili diffuso (si fa per dire visto che la specie è in pericolo) in tutta l’Africa e in Asia Meridionale.Il pangolino è un buffo animaletto che, al pari di armadilli e ornitorinchi, ispira simpatia per la sua goffaggine e incute rispetto per quell’aspetto primigenio che ci riporta indietro di milioni di anni. Mentre in Africa il pangolino riesce a difendersi dai grandi felini appallottolandosi nella sua corazza ossea, in Asia non trova scampo dai grandi imbecilli bipedi che lo hanno trasformato in una pietanza tradizionale dalle immaginarie virtù taumaturgiche. Molti sono i ristoranti che lo offrono nei loro menu e molti sono gli imbecilli occidentali che non resistono alla tentazione di assaggiarlo. Se davvero fosse lui l’ospite originale del coronavirus, per consumare la sua vendetta il pangolino avrebbe scelto la parte di mondo ideale per la diffusione del contagio. Un ambiente caldo e umido molto simile ai laboratori dove vengono sviluppate artificialmente le colonie di virus e batteri e una massa inverosimile di abitanti che passano le loro giornate a spingersi l’un l’altro sputazzando a destra e a manca in edifici che spesso stanno all’igiene come le pietre stanno a una crema pasticcera. “Memento, homo, quia pulvis es, et in pulverem reverteris”, la natura alla fine vince sempre e quando di noi non resterà che polvere i pangolini continueranno a caracollare su un pianeta che finalmente si sarà liberato della sua specie peggiore. Evviva!
