THAILANDIA. UN ATTO DI GUERRA PRIVATO TRA LA FOLLA: UCCISO IL KILLER
Un atto di guerra privato tra la folla. Un raid trasmesso in tempo reale via social. A condurlo un membro dell’esercito thailandese a Khorat, nel nord del paese: 20 i morti, 31 feriti. Bilancio provvisorio per una strage forse innescata da questioni personali. Il killer, invece, è stato ucciso nella notte dopo che aveva tentato di fuggire dal complesso dove si era nascosto.L’incursione del sergente Jakraparth Thomma, 32 anni, si è svolta in più fasi. Nel pomeriggio di ieri, il militare ha avuto una lite con il suo comandante nella base di Surathampithak, un contrasto risolto in modo brutale. Thomma ha ucciso il superiore, una sentinella e una donna. Pochi istanti dopo si è impossessato di armi e munizioni, quindi ha rubato un fuoristrada Humvee per dirigersi verso il centro commerciale noto come Terminal 21. Lungo il percorso ha tirato alla cieca su veicoli, passanti e anche dei fedeli vicino ad un tempio buddista. Non poche le vittime sorprese dal fuoco dell’omicida.Poco dopo le 18, il sergente ha raggiunto il parcheggio del Mall dove ha continuato la sua missione letale. Prima ha provocato l’esplosione di una bombola del gas centrata da proiettili, forse il tentativo di creare un diversivo, e successivamente ha preso di mira altre persone, compreso un agente appena uscito dalla sua auto e un medico chinato su un ferito. Nel mezzo di quest’inferno Thomma ha iniziato a diffondere le sue immagini via Facebook, tutto accompagnato da messaggi. «Nessuno può evitare la morte», ha scritto, un post seguito dalla seconda fase non meno drammatica.Il sergente è entrato nel Terminal 21, molto affollato. E di nuovo ha ripreso a sparare lungo i grandi spazi. Le telecamere di sicurezza lo hanno «registrato» mentre cammina con passo sicuro e il fucile d’assalto in pugno. Le sue foto lo mostrano con l’elmetto, è equipaggiato come fosse al fronte mentre invece se la prende con dei civili inermi. Molti di loro riusciranno a fuggire tra scene di panico, disperazione, paura di finire falciati da una raffica. Altri cadranno, raggiunti dalle pallottole.Non è chiaro se in base ad un piano prestabilito o solo perché non aveva altra scelta, il killer è salito ai piani superiori del complesso. Qui si è barricato tenendo numerosi ostaggi. E dall’interno ha proseguito a lanciare segnali usando i social: «Sono stanco, riesco a stento a muovere le dita…Ho i crampi». L’assassino ha dialogato via web, ha aperto profili, ha condotto uno show truce, escludendo l’ipotesi di una resa.Nel frattempo le autorità hanno tentato di contenere la scena ed hanno chiesto alle emittenti tv di non trasmettere notizie in tempo reale per non fornire indicazioni utili allo sparatore che, in uno degli ultimi segnali, ha affermato: «Mi sono fermato». A notte fonda le unità speciali hanno fatto irruzione nell’edificio favorendo la liberazione degli ultimi ostaggi, riapparsi all’esterno con le mani alzate. La polizia ha annunciato che la situazione era «sotto controllo», anche se mancavano informazioni precise sul militare al centro della carneficina, tra notizie confuse e segnalazioni di nuove sparatorie.L’episodio di Khorat ricorda eventi analoghi avvenuti negli Usa, in Nuova Zelanda e in Europa. Il protagonista agisce in base a motivazioni personali: in questo caso pare fosse coinvolto in una disputa per un pezzo di terra. L’assassino impiega tecniche terroristiche, rese ancora più devastanti dal fatto di essere addestrato, e colpisce in modo indiscriminato. Da sottolineare la componente «propagandistica». Thomma fa lo streaming della sua scorreria, vuole che tutti sappiano, comunica a suo modo con l’esterno, fornisce una sua versione. E’ anche questo un tentativo di mantenere l’iniziativa, di dimostrare di essere in pieno controllo.Infine il dato più generale. Le esplosioni di violenza con attacchi di massa non sono più solo un fenomeno statunitense, ma avvengono anche in nuove regioni per spirito di emulazione, perché gli autori ritengono di avere diritto di farlo, convinti di essere «collettori di ingiustizie».
