COME AL SADR HA TRADITO LA PROTESTA, RIALLINEANDOSI AL VECCHIO ALLEATO IRANIANO

COME AL SADR HA TRADITO LA PROTESTA, RIALLINEANDOSI AL VECCHIO ALLEATO IRANIANO

(AGI) – Beirut, 10 feb. – Quando a metà ottobre lo si era visto in piazza, unitosi alle proteste anti-governative, in molti avevano pensato che il chierico sciita Moqtada Al Sadr potesse essere il portabandiera di un nuovo nazionalismo iracheno, a partire dal quale costruire un Iraq sovrano, libero dalle ingerenze americane e iraniane, contro le quali lo stesso Al Sadr si era scagliato negli ultimi tempi. Le rivelazioni fatte nelle ultimate ore da alcuni parlamentari sciiti iracheni a Middle east eye (MEE), invece, sembrano prefigurare delle prospettive molto diverse: un mese fa, infatti, Moqtada al Sadr si sarebbe recato a Qom, in Iran, dove avrebbe concluso in segreto un accordo con le componenti filo-iraniane dei partiti sciiti iracheni – in particolare Hadi Al Amiri, leader della potente milizia Badr e del blocco parlamentare filoiraniano di Fatah – in base al quale lo stesso Al Sadr si spenderà per porre fine alle proteste anti-governative in cambio della nomina – avvenuta da pochi giorni – del suo candidato preferito, Tawfiq Allawi, a primo ministro. Uno scenario che sta generando indignazione tra gli iracheni, apparentemente traditi da un leader che negli ultimi anni aveva mostrato di essersi distanziato da Teheran, suo sponsor durante l’invasione americana in Iraq, durante la quale il chierico fondò una milizia che combatté le truppe Usa. Secondo alcuni parlamentari sciiti filo-iraniani, presenti a Qom durante la firma degli accordi, la nomina di Allawi risponderebbe alla necessità di avere un primo ministro dai poteri limitati, malleabile: un aspetto in forte contrasto con le promesse fatte da quest’ultimo ai manifestanti, prime tra tutte quelle di combattere la corruzione e portare davanti alla giustizia i responsabili – probabilmente membri delle milizie sciite filo-iraniane – della morte di decine di manifestanti iracheni. Allawi dovrebbe teoricamente creare le condizioni per lo svolgimento delle elezioni parlamentari nel corso del 2020, rendere esecutiva la decisione del Parlamento iracheno (dominato da forze filo iraniane) sul ritiro delle truppe straniere dall’Iraq (ossia quelle americane, ndr), e favorire la definitiva integrazione delle milizie sciite all’interno dei ranghi dell’Esercito iracheno. “Allawi è più debole di Abdul Mahdi (il primo ministro uscente, ndr), lo hanno scelto proprio per questo. Non ha il potere di aprire inchieste serie sulla corruzione tra i nostri politici, e il suo governo non ha alcun potere di prendere decisioni strategiche”, commenta uno dei parlamentari sciiti sulle colonne di MEE. Secondo i presenti, gli incontri tra Al Sadr ed Al Amiri si sarebbero svolti nell’abitazione del primo a Qom, senza la presenza di delegati iraniani. Negli ultimi quattro mesi a Baghdad e almeno in altre nove province irachene meridionali, a maggioranza sciita, sono andate in scena delle proteste rabbiose, in cui decine di migliaia di giovani iracheni hanno espresso la loro frustrazione per le condizioni del paese, con un tasso di corruzione esorbitante e la mancanza di meccanismi reali per la persecuzione di reati ad essa connessi, la mancanza di lavoro e di infrastrutture degne, e l’influenza straniera – americana e iraniana – nel Paese. Le organizzazioni per i diritti umani hanno riferito di almeno 550 manifestanti uccisi dalle Forze di sicurezza – coadiuvate dalle milizie sciite filoiraniane – nel corso delle proteste, a cui si aggiungerebbero circa 25 mila feriti. Il primo ministro Abdul Mahdi ha rassegnato le sue dimissioni lo scorso 1 novembre, rendendosi disponibile a farsi da parte non appena il Parlamento avesse individuato un successore. L’accordo concluso da Moqtada Al Sadr in Iran non ha solo la funzione di rivelare la scarsa autonomia prevista per Allawi nelle vesti di primo ministro: è sopratutto la certificazione di una riconciliazione tra il chierico sciita e le componenti filo iraniane da cui si era distanziato negli anni scorsi, con la quale si intenderebbe fare “fronte comune” contro la permanenza delle truppe statunitensi in Iraq. La nomina di Allawi – decisa in base al consenso delle parti, e non seguendo la logica del leader del blocco parlamentare più ampio, come stabilisce la Costituzione – sarebbe stata la ricompensa ad Al Sadr per questo rientro nei ranghi, in base al quale il chierico smetterà di alimentare la protesta ed eventualmente non si opporrà agli sforzi atti a reprimerla. Secondo le cronache delle scorse settimane, gran parte dei disagi creati durante le proteste – strade bloccate, roghi a esercizi commerciali o uffici pubblici, danneggiamenti vari – sarebbero opera dei seguaci di Moqtada Al Sadr, motivo per cui si è posta la necessità di coinvolgerlo direttamente nell’intesa. Nelle ore precedenti questo accordo, sostenitori di Al Sadr si sono riversati in piazza Tahrir a Baghdad, scontrandosi coi manifestanti e riprendendo il controllo di un palazzo che era stato occupato da questi ultimi, nel quale è ospitata una stazione radio che utilizzavano per annunciare le loro istanze. Mentre i supporters di Al Sadr erano in piazza, il chierico twittava chiedendo ai suoi di cacciare “gli istigatori e gli infiltrati”, adducendo sopratutto ragioni di ordine pubblico. Un linguaggio molto simile a quello usato dalle componenti filo iraniane in riferimento alle proteste. Nelle ore successive si sono moltiplicati gli scontri, nei quali i manifestanti hanno per la prima volta intonato cori contro lo stesso Allawi e Moqtada Al Sadr. Che ora rischia di dilapidare tutto il consenso che aveva maturato in questi anni, presentandosi come soggetto indipendente. (AGI) LBY