MEDITAZIONE DI FINE ANNO LIBIA, OVVERO MOLTA BRIGATA VITA BEATA

MEDITAZIONE DI FINE ANNO LIBIA, OVVERO MOLTA BRIGATA VITA BEATA

Una volta, in Libia c’era Gheddafi. E c’era l’Italia. Tra loro c’erano stati screzi e minacce e anche atti di guerra (vedi missili su Lampedusa; ma che, a differenza dei loro confratelli francesi di Ustica, mancarono il bersagli) anche un bel po’ di mutuo soccorso. Craxi che avvisa il Rais dell’imminente attacco americano; il Colonnello che interviene in soccorso della Fiat. E poi gli incontri; amabilmente sbracati quelli con Berlusconi; più contegnosi quelli con Prodi. E, a coronare il tutto, la rinuncia del Nostro al terrorismo internazionale e al nucleare. Plauso generale e fine, anzi inizio. Perché, a un certo punto, dopo una sollevazione a Bengasi, un po’ pacifica un po’ no e la relativa repressione di rito, soccorrere gli insorti diventa un dovere morale e politico ineludibile. Partono gli inglesi e i francesi per “separare i contendenti” (modello Suez 1956). Guidano, da dietro, gli americani. E noi in coda, dopo breve resistenza di Berlusconi (e con il voto contrario della Lega), sotto la guida di B.H. Lèvy e dell’immancabile Napolitano. Il seguito è noto.Oggi non c’è più l’Italia. E nemmeno le folle festanti che ci attendevamo allora. E nemmeno gli Stati Uniti. Ma in compenso abbiamo, con l’uso dei ritrovati bellici più moderni: Egitto, Emirati Arabi Uniti, Turchia, Russia, terroristi islamici di opposte tendenze, al Qaida, milizie e bande armate, trafficanti di esseri umani, governo di Tripoli, governo di Bengasi, parlamento, Emirati jhadisti del Sahel. E, a mediare due salami: uno di nome, l’inviato dell’Onu Ghassan Salameh e l’altro di fatto e di diritto: il nostro ministro degli esteri, nei minuti che gli avanzano dopo avere, altrettanto inutilmente mediato tra le varie fazione del M5S.Quanto basta per porre mano alla pistola di fronte al primo che ci proponga di intervenire in nome della democrazia.