BUONGIORNO UN CORNO!, LUNEDI’ 24, C’E’ UN BUCO NEL MURO …
Mentre i virologi si picchiano sulla pubblica piazza cerchiamo di parlare del vero principio fondamentale che il coronavirus sta mettendo in discussione, ma che la politica aveva già messo in discussione da molto tempo, quello relativo alla libera circolazione di persone. Perché dietro le liti in corso tra gli scienziati si cela in realtà la polemica su come le autorità avrebbero dovuto bloccare la mobilità di persone provenienti da zone a rischio virus, per impedire il diffondersi del contagio. Apprendiamo dal Corriere della Sera di oggi: “Sono 35 i varchi che saranno presidiati nel lodigiano, 8 quelli nel padovano. In tutto per “cinturare” l’area saranno impiegati circa 500 uomini, dieci per turno ad ogni varco. Pattuglie miste di polizia, carabinieri e guardia di finanza per un dispositivo interforze. È la decisione presa dal capo della polizia Franco Gabrielli al termine del vertice convocato per mettere in atto il provvedimento del governo che isola le zone del contagio. L’ordinanza è già stata inviata ai prefetti interessati”. Ma è lecito e, soprattutto, realizzabile il blocco della circolazione di persone? Perché piaccia o no il principio è il medesimo che ruota intorno alle migrazioni dovute a guerre, fame, desertificazione, impossibilità di vivere in un luogo per cercare di migliorare la propria vita altrove. Nessuno è mai riuscito e mai riuscirà a frenare questo flusso costante di essere umani sulla terra e adesso che tutti sono colpiti da vari divieti di spostarsi all’interno della stessa nazione in cui vivono e lavorano, nazioni che sono la meta dei senzaniente, adesso si comprende la tensione sociale che mette in moto il divieto di potersi spostare. Facciamo un breve ripasso in merito alla libera circolazione delle persone. Insieme con la libera circolazione delle merci, dei servizi e dei capitali, è una delle quattro libertà fondamentali garantite dall’ordinamento giuridico dell’Unione Europea. Riguarda il più generale diritto per i cittadini europei di soggiorno e circolazione in tutto il territorio dell’Ue. Nata per questioni legata più strettamente all’economia, al lavoro, allo scambio di lavoratori tra i paesi dell’Unione, implica di potersi spostare liberamente nel territorio degli Stati membri, prendere dimora in uno Stato membro al fine di svolgervi un’attività lavorativa e rimanervi dopo avere occupato un impiego (articolo 45 del Trattato sul funzionamento dell’UE). La libera circolazione delle persone implica anche (articolo 49 del Trattato) il divieto di restrizioni alla libertà di stabilimento nel territorio di un altro Stato. Uniche eccezioni a tale libertà ammesse dai Trattati sono quelle giustificate da motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica. Eccoci qua al dunque, la sanità pubblica. Quindi legalmente le autorità possono impedire gli spostamenti di persone se il motivo è la pubblica salute. Il principio a cui attenersi è relativo alla pericolosità per la salute collettiva di una persona infetta di diffondere un virus o altre patologie. Dobbiamo quindi essere sicuri che il motivo sia dimostrato presso la pubblica opinione per evitare che il provvedimento venga inteso come la sospensione di una libertà democratica. Gli accordi di Schengen che regolano la circolazione all’interno dell’Unione Europea sono stati già da tempo quasi sospesi. L’ondata dei flussi migratori, il terrorismo, le nuove maggioranze politiche in Europa, hanno indotto numerosi paesi a ripristinare i controlli interni alle frontiere. Tali controlli tuttavia, avrebbero dovuto costituire un’eccezione temporanea alle norme di Schengen, mentre sembra che gli Stati ne abbiano abusato, prorogando il mantenimento delle frontiere oltre i limiti consentiti di due anni. Adesso il coronavirus rischia di mettere una pietra tombale e insindacabile sulla fine del diritto alla mobilità. Già ieri un treno italiano è stato bloccato alla frontiera con l’Austria, preoccupata dalle notizie sull’alto numero dei contagi nel nostro Paese. Ed ecco che di colpo un cittadino italiano, convinto fino a ieri di essere in una posizione di forza rispetto a un cencioso migrante che scappa dalla guerra nello Yemen per cercare salvezza in un paese occidentale, si trova nella posizione di non poter essere a lui a scegliere liberamente dove andare ma di dover sottostare alle indicazioni delle autorità. Avete mai visto su un aereo il cretino o i cretini che non spengono il cellulare nonostante gli inviti del personale di viaggio, perché convinti che la loro telefonata, in quanto loro, non sia soggetta alle regole di tutti? Ecco, il cittadino italiano in questa fase si trova a fare i conti con uno scenario di questo tipo, non capisce adesso come sia possibile che si limiti la libertà di spostamento di un essere umano di serie A, quello forte, occidentale, ricco, legiferante, proprio quello che normalmente decide lui chi entra o chi esce da un Paese. Anche peggiore come situazione, perché le varie quarantene, i divieti di lasciare le zone maggiormente colpite dal virus, si scatenano all’interno dello stesso Stato, della stessa città in cui si vive. Il Trattato di Schengen, dal 2006 ad oggi è stato sospeso 116 volte. Una sospensione del Trattato di Schengen a causa del coronavirus, con controlli alle frontiere in deroga a quelli attualmente in vigore, è quanto richiedeva fino a ieri l’opposizione di centrodestra, Lega salviniana in testa. Poche ore fa il Trattato di Shengen è stato sospeso in uscita anziché in entrata dall’Italia, ma la notizia dall’Austria è scesa presto tra i titoli principali dei giornali. In sostanza questa è la partita vera che si sta giocando intorno al coronavirus. La libera circolazione di persone nello stato di residenza e tra stato e stato per una decisione, in alcuni casi condivisibile ma comunque arbitraria, visto che i virologi continuano a litigare tra loro. Ogni volta che si verifica un’emergenza, che sia sanitaria, giudiziaria, sociale, le libertà dell’individuo vengono limitate. La cosa è più preoccupante quando parliamo della scienza, un campo in cui, ovviamente, siamo costretti a fidarci delle valutazioni sulla pericolosità o meno di un fenomeno che non abbiamo alcuno strumento per definire. Ma dobbiamo fare molta attenzione perché la partita in gioco è proprio questa, la libertà di noi tutti.
