CORONAVIRUS. E SE ABOLISSIMO LE REGIONI?
ci mancava solo la lite tra governo e presidenti di regione per rendere più complicata l’emergenza Coronavirus: mi cadono le braccia. la capisco benissimo. L’emergenza coronavirus si dovrebbe in effetti combattere uniti, come un sol uomo. E forse i risultati sarebbero decisamente migliori. Ma evidentemente la collaborazione non è nel Dna di questo Paese . Tutto viene riportato ad una insensata lotta politica, quando nella realtà dei fatti si dovrebbe agire per il bene dei cittadini e della loro salute. Attenzione, non dico che il governo sia stato perfetto finora, ma ha fatto quanto era nelle sue capacità. Ha navigato a vista contro un nemico oscuro , di cui gli stessi scienziati sanno poco. Limitare il contagio e ragionare di giorno in giorno sul da farsi, era insomma la migliore soluzione per combattere l’epidemia. Farlo remando tutti nella stessa direzione era l’imperativo comune. E invece niente. I presidente di regione, a partire dal veneto Zaia, per passare al lombardo Fontana, hanno voluto rendere protagoniste le loro regioni con dei provvedimenti non concordati con il governo, alimentando in questo modo il caos . A mettersi di traverso è stato anche il dem Cersiscioli, presidente della regione Marche, con la decisione di chiudere le scuole pur non avendo contagiati nel suo territorio. A dimostrazione che la voglia di prendere decisioni in autonomia non ha colore politico. Adesso, stigmatizzando i protagonismi di Conte, servirebbe una vera cabina di regia. Ma l’importanza ottenuta dalle regioni negli ultimi anni , porta solo confusione e panico. E allora, la mia è una provocazione, è il caso a questo punto di mettere la sordina alle regioni, riducendone l’autonomia. Servirebbe una controriforma del titolo V, insomma. E a voler utilizzare il paradosso dovremmo seriamente pensare di abolire le regioni e ripristinare semmai le province. Senza girarci troppo intorno , le decisioni importanti devono essere prese dal governo centrale, poche storie . Ha idea di come cambierebbero le cose se si tornasse a guardare allo Stato come un faro e non come ad un inutile fastidio da cui però attingere alla bisogna? Non le sarà sfuggito infine che la sanità pubblica nell’occasione ha dimostrato tutte le competenze e la professionalità di cui è capace, nonostante i tagli scriteriati degli ultimi quindici anni. Vuol dire, appare evidente, che privatizzarla sarebbe il suicidio dell’Italia. Alternative ad un ritorno al passato a questo punto non ce ne sono. A meno che ogni regione decida di diventare uno Stato a se stante, accollandosi tutti i rischi del caso, senza più paracadute. Avvertenza: nell’epoca della globalizzazione questi neo statarelli verrebbero spazzati via e finirebbero in miseria. Non so dunque quanto convenga diventare un semplice puntino nella carta geografica d’Europa. E del mondo. .
