A LESBO MUORE UN BAMBINO, ERDOGAN E IL SUO RICATTO UMANITARIO

L’indifferenza uccide, e accade a pochi passi da noi. A Lesbo un bambino è morto durante il tentativo di sbarco di un gruppo di migranti a Mitilini. Il barcone era partito dalla vicina costa turca poi si è ribaltato quando è stato avvicinato da un’unità della Guardia costiera greca. Secondo quest’ultima, 46 persone sono state salvate. Il cadavere del bambino è stato rinvenuto poco dopo. Nella notte 5 barche sono giunte sull’isola, due sono arrivate a Chios e altre due a Samos. A respingere i gommoni non è stata solo la politica fiera del “pugno duro”, ma gli abitanti, aiutati dai gruppi di neofascisti, che sono improvvisamente diventati guardiani del loro faro. Insulti e botte contro giornalisti e fotoreporter, urla contro personale dell’Unhcr, sassi contro un pullman della polizia (un agente è rimasto ferito). Alcune decine di persone hanno impedito lo sbarco di un gommone nella località di Thermi, dopo che questo, su cui viaggiavano una cinquantina di migranti, tra cui diversi bambini, era già da diverse ore in mare. Questo gruppo ha anche aggredito verbalmente il personale Onu che tentava di assistere i migranti.Un centro per l’accoglienza dei migranti in disuso è stato dato alle fiamme. Le immagini del pestaggio dei giornalisti su una banchina del porto sono diventate virali sui social network. È un ricatto umanitario, la Turchia gestisce 3,5 milioni di profughi che può usare in qualsiasi momento come arma di ricatto oltre a essere un capitale: finora abbiamo dato sei miliardi di euro alla Turchia per contenere i profughi. Così il Sultano che è stato ricoperto d’oro, oggi chiede cassa. Erdogan riapre i rubinetti, come la Libia, da cui escono uomini, donne, bambini che scivolano nel gorgo della morte e della disperazione. Nel campo di Moria un nome che sembra una profezia, dovrebbero starci al massimo tremila persone e oggi ce ne sono 19.800 e vivono in condizioni spaventose, dai morsi della fame, dal freddo e dalla voglia di morire che fa impennare i suicidi. Qui, da queste parti, si suicidano i bambini. A Evros, nel nord del Paese, i militari sparano a vista i lacrimogeni contro donne con in braccio i neonati che provano a scavalcare il confine. Sembrano pupazzi di vecchi videogiochi, esseri umani rinchiusi in una realtà virtuale, in piedi contro la nostra indifferenza, contro il nostro sadismo, rimangono storditi, ma fieri, provano a rialzarsi, perchè quella è l’unica possibile salvezza.È poco dietro l’angolo, poco lontano dalla visuale dei nostri occhi, è vicino a noi, ma abbastanza lontano per potersene disinteressare. L’importante che quelle urla, quel sangue non sporchi i nostri tappeti, non entri nelle nostre case che abbiamo già da fare, che ai nostri occhi è qualcosa di più difficile da combattere, un coronavirus, che pure se non ce l’hai, è meglio andare a svaligiare supermercati e centri commerciali così ingozziamo la nostra impudica indifferenza. Quelli, quei migranti che ancora rompono, e irrompono nel rumore del nostro televisore 50 pollici, quelli ora fateli tacere. L’Europa faccia tacere quel dittatore pagando e stando sotto scacco e ricatto umanitario.Ora abbiamo bisogno di pace, la pace dell’indifferenza che uccide più di un virus.