PRIMARIE DEMOCRATICHE NEGLI USA. BIDEN SORPASSA SANDERS A FURORE DI PARTITO

Martedì di primarie democratiche negli Usa. Guadagna posizioni Biden. Agenzie di stampa statunitensi gli assegnano uno dei due stati chiave, il Texas. Mentre si dissolve Bloomberg Sanders tiene in California e in altri 3 o 4 stati, ma è chiaro che questo round segna punti forse decisivi per Biden che raggiungerà un numero di delegati che lo avvicina a quota 1991, quella necessaria per aggiudicasi la partita in casa democratica. Come si è arrivati a questo. Facciamo un riepilogo della situazione. Martedì notte dei lunghi coltelli alle primarie del partito democratico statunitense. 14 stati, una sentenza quasi definitiva. California e Texas ribalte principali, ma nel complesso in palio i posti per i due terzi dei 1991 delegati che costituiscono la maggioranza assoluta e significano vittoria e il posto di candidato alle presidenziali. La parola d’ordine che circola nei cervelli dell’establishment è inconfessabile, ma trasparente. “Fuck Bernie”. Bernie Sanders non deve vincere. Così ha deciso il partito e i candidati fedeli alla linea si sono dovuti adeguare. Da un lato, coloro che pescavano nel bacino di elettori della destra dei dem, quelli che per Bernie non voterebbero mai, hanno dovuto fare causa comune. In base ai voti ricevuti in South Carolina di loro ne doveva rimanere uno solo e the winner is Joe Biden. Stupefacente se si pensa che nella sua carriera, a parte la vicepresidenza con Obama ha perso più battaglie del Generale Cadorna a Caporetto. Batti e ribatti sarà la volta buona? Una volta sconfitto Sanders nel derby dei dem, gli toccherebbe di confrontarsi con Trump per la conquista della Casa Bianca. Chi vincerebbe ? I sondaggi non danno un responso sicuro e d’altronde, a parte Hillary Clinton che infatti si è fatta da parte, nessun aspirante dem alla Presidenza è dato perdente in partenza con Trump. Quindi anche Bernie se la potrebbe giocare a dispetto del fatto che Donald nutra per lui la simpatia dovuta a chi ritiene essere l’avversario più morbido. Comunque l’establishment ha deciso. E Biden sia. Quindi si ritira Pete Buttegieg, già brillante sindaco nell’Indiana, omosessuale dichiarato, ottimo in diversi stati, ma non nella maledetta Carolina del Sud. E si ritira pure Amy Klobuchar una discussa procuratrice di 59 anni che per alcune sue vicende professionali non beccherebbe neppure un voto dagli afroamericani. Peraltro invece viene dato mandato di tenere duro a Elizabeth Warren, un’avvocata che i galloni della candidata se li è guadagnati sul campo difendendo i diritti di tanti cittadini truffati dalle banche. E che parla pure di tassare i ricchi Lei può concorrere. La ragione? A differenza di Pete e Amy che toglierebbero voti al predestinato Biden, Elizabeth ha un profilo progressista buono ad erodere voti al nemico Bernie. A meno che i due non si accordino e per Elizabeth si ipotizzi una eventuale vIcepresidenza alle spalle di Bernie. Peraltro il target della Warren, quella di una sinistra liberal attenta ai diritti individuali, potrebbe risultare complementare al target laburista di Sanders, maggiormente attento alle tradizionali tematiche del welfare e dei suoi diritti sociali. Se il partito è tutto contro Sanders, secondo modalità che ricordano la ringhiosa ostilità dell’establishmen del Great Old Party repubblicano nei confronti di Trump, non è solo perché si ritiene Biden un tantinello più favorito di Bernie nel confronto con Trump. Ci sono anche ragioni di contenuti. Come la mettiamo con le proposte di Sanders in materia di sanità e di scuola che puzzano di socialismo? Magari, programmi alla mano, quella parola, tradotta in contesto europeo, suonerebbe piuttosto come socialdemocrazia. Ma per la cultura politica del politico americano medio bastano e avanzano per suonare come una bestemmia. Meglio l’innocuo Biden che pure nella controversia con Trump sulla Ucraina connection qualche bruciatura se la è procurata. Poca roba. Come poca roba sono le ferite allora riportate da Trump di fronte a un popolo Usa che ignora se l’Ucraina confini con la Bolivia o con la Cambogia. La scommessa si gioca sulla scelta di convergere al centro per competere con Trump nei favori di un elettorato indeciso se votare dem o repubblicano. Da questo punto di vista il partito, oltre che a Biden, lascia una chance per competere anche a un personaggio che col Great Old Party ha avuto a che fare. Il terzo incomodo è infatti il miliardario Bloomberg, ex GOP, poi indipendente, già sindaco di New York, protagonista di battute sessiste e di dichiarazioni discriminatorie contro le minoranze. Ecco, secondo alcuni, se vincesse lui , una volta contrapposto a Trump, molti elettori repubblicani avrebberol’imbarazzo della scelta e si sposterebbero in direzione dem. Bloomberg dunque come terzo incomodo, come incognita, come sorpresa? Sarà, ma se per la Casa Bianca si arrivasse ad un match ormai improponibile tra Bloomberg e Trump c’è caso che gli elettori preferiscano l’originale alla presunta imitazione. Per il momento la parola agli elettori dem. Da quello che hanno detto stanotte Biden diventa favorito, anche se, salendo sul podio ha presentato alle masse la sorella come se fosse sua moglie. Se andrà alla Casa Bianca avremo nuovi brividi di imprevisto. Sempre che Obama, dalla buchetta del suggeritore, non ci metta una pezza.